Il 21 marzo potrebbe arrivare una primavera gelida per Luigi Di Maio. In un’aula del tribunale di Genova un giudice dovrà esprimersi sulla legittimità o meno dell’utilizzo del simbolo più votato dagli italiani. Da una parte ci sono i registi del Movimento a Cinque Stelle, Beppe Grillo in testa, dall’altra ci sono trentatré attivisti della prima ora, più grillini dei grillini, che sostengono di essere stati scippati della titolarità del simbolo diventato brand politico di enorme appeal.
Se il giudice dovesse dar ragione agli attivisti, tra cui uno della provincia di Napoli, l’aspirante premier potrebbe essere costretto a non usare più né il simbolo né il nome del Movimento che lo ha portato dalle gradinate del San Paolo, dove lavorava come steward, fino a Roma, a un passo da Palazzo Chigi.
La storia risale agli albori del Movimento, ma da ieri ha un protagonista in più, Beppe Grillo, appunto, che si è costituito nella causa avviata dai 33 attivisti contro l’associazione che di fatto ha trasformato il simbolo in potenza politica.
Il comico si è costituito sia come legale rappresentante del nuovo organismo sia “in proprio”. Nel processo sono entrati anche i vecchi associati che nel frattempo sono passati con la nuova associazione.
La vicenda era nata dopo un ricorso presentato tramite gli avvocati Lorenzo Borre’ e Alessandro Gazzolo contro l’istituzione della nuova associazione dei Cinque stelle, avvenuta lo scorso 30 dicembre.
Questo atto, a loro dire, avrebbe creato i presupposti per un conflitto di interessi da parte di Beppe Grillo nel difendere i diritti dei primi associati. Il tribunale aveva accolto l’istanza e aveva nominato un curatore speciale il quale a sua volta aveva nominato i legali Andrea D’Angelo e Paolo Gatto. Nel ricorso si chiede al giudice di inibire alle associazioni del 2012 e del 2017 di usare il nome e il simbolo del movimento e il dominio internet “movimento5stelle.it” e si lamenta inoltre la lesione del diritto al nome e alla identita’ personale della vecchia associazione, quella del 2009.
Se il tribunale dovesse accogliere le istanze dei 33 iscritti, Luigi di Maio non potrebbe piu’ usare il simbolo e il nome. Il giudice ha rinviato l’udienza al prossimo 21 marzo.