C’era una volta l’aumento di stipendio, per trattenere il dipendente che voleva andarsene. Oggi non è più così. Il mercato del lavoro è cambiato radicalmente: le aziende hanno sempre meno disponibilità finanziarie per ‘giocare al rialzo’ e, sull’altro fronte, i talenti migliori sono sempre più mobili e volatili e il rischio dei ‘cervelli in fuga’ è più vivo che mai. Per trattenere i migliori, quindi, le aziende devono elaborare nuove strategie di ‘retention’ non solo monetarie, intercettare i bisogni dei dipendenti e proporre soluzioni mirate che garantiscano gratificazione, realizzazione, riconoscimento e fidelizzazione. E, soprattutto, lo devono comunicare in maniera chiara e trasparente a ciascun dipendente. Lo strumento sempre più adottato – 37% delle aziende worldwide, come documentano i dati 2016 della ricerca di Top Employers Institute, ma la tendenza è in costante crescita – è il ‘Total Reward Statement’, ovvero la comunicazione mirata e personalizzata di come è composto il pacchetto retributivo di ciascun dipendente, che riunisce stipendio, bonus, incentivi, integrazioni pensionistiche e sanitarie e benefit, questi ultimi molto spesso scelti dal dipendente stesso in base alle sue esigenze e preferenze. Un pacchetto retributivo calibrato sulle singole caratteristiche del dipendente, dove alcune voci possono cambiare nel corso degli anni, in base a mutate esigenze e situazioni: età, progetti di carriera, necessità familiari, formazione e aggiornamento professionale ecc. Una nuova filosofia retributiva e di trasparenza che si sta velocemente affermando in tutto il mondo, ma che vede l’Italia sensibilmente in ritardo rispetto al trend globale: il 37% delle aziende a livello worldwide adotta il Total Reward Statement in maniera sistematica, a fronte del 33% delle aziende in Europa e di appenda il 3% di quelle italiane. Un gap profondo, quello delle aziende italiane, che però si sta riducendo, in particolar modo nel settore dei ‘Flexible Benefit’, ovvero la possibilità per il dipendente di scegliere il benefit più aderente alle sue esigenze del momento. Sempre più aziende si stanno attrezzando in quest’ottica, proponendo pacchetti di benefit ad hoc, che vanno dai ‘benefit maternità’ (contributi per asilo nido, baby sitter ecc) ai corsi di aggiornamento professionale (corsi di lingue, informatica), ad assistenza e previdenza sanitaria (home caring per anziani), a corsi e vacanze sportive (corsi e campus per giovani o figli dei dipendenti). Ad adottare Flexible benefit in Europa è il 35% delle aziende in maniera sistematica, il 18% in maniera parziale (per esempio, solo a determinate fasce di dipendenti), mentre il 47% non li propone. In Italia, il 12% delle aziende li propone in maniera sistematica, il 14% in maniera parziale e ben il 74% non li propone.
CRONACA
11 marzo 2016
Addio vecchia busta paga, arriva lo stipendio “su misura”