ul tema dell’eutanasia, nel Paese si registrano ancora tante divisioni e tanti pareri “contrari” da qualificarla come ‘motivo di particolare valore morale e sociale’, meritevole di sconti di pena. In particolare, la Prima sezione penale si è così espressa nell’occuparsi di una condanna – confermata – per omicidio aggravato (9 anni e 4 mesi di reclusione) nei confronti di un americano, mormone, residente ad Alessandria con la moglie che, nel novembre 2012, si presentò alla stazione dei carabinieri affermando di avere ucciso la donna dieci giorni prima, “circostanza constata dai militari che arrivati nell’abitazione della coppia trovarono il cadavere della donna in avanzato stato di decomposizione”.
L’uomo, ha registrato la sentenza di piazza Cavour, da subito, dichiarò “di avere ucciso la moglie mediante un unico colpo inferto al fianco sinistro, all’altezza del polmone, mediante un coltello da cucina, dopo che una pesante dose di sedativo (Lexotan) da lui somministratale, non aveva conseguito effetto letale”. L’uomo spiegò di avere agito “per finalità altruistica” e di aver posto fine alle sofferenze della moglie “affetta da almeno dieci anni da una grave forma di artrite reumatoide peggiorata in modo tale da impedirle dapprima la deambulazione e, successivamente, da non consentirle neanche di stare seduta, con manifestazioni di gonfiori a mani e piedi, comparsa di dolorose bolle e produzione di lesioni sanguinanti”. Inutile la richiesta di attenuanti da parte dell’uomo che, a suo dire, aveva agito “per motivi di particolare valore sociale”. La Suprema Corte ha bocciato il ricorso dell’uomo e, oltre a fare notare che “la Corte di merito, con motivazione congrua e adeguata, aveva ravvisato la contestuale esistenza di un parallelo intento dell’uomo di non essere più obbligato ad apprestare l’assistenza continua al coniuge”, ha evidenziato come sul tema dell’eutanasia, in Italia si registrino ancora tante divisioni.