l clan Birra-Iacomino voleva “comprare” i rivali degli Ascione-Papale per mettere le mani sul monopolio del racket all’ombra del Vesuvio. Un “privilegio” che la cosca con base in via Cuparella era disposta a pagare a peso d’oro, anche sborsando un milione di vecchie lire (al giorno) agli acerrimi rivali dei “bottone”.
E’ uno dei retroscena dell’incredibile inchiesta che dopo 13 anni ha portato all’arresto di 9 esponenti dei clan Birra-Iacomino e Lo Russo di Miano, tutti accusati di aver partecipato all’omicidio di Mario Ascione, fratello del padrino Raffaele freddato con un colpo di pistola alla testa a corso Resina, assieme al suo guardaspalle, nel marzo del 2003.
Secondo il pentito Agostino Scarrone – un tempo uno dei sicari al servizio dei boss Giovanni Birra e Stefano Zeno – tra le ragioni alla base del massacro ci sarebbe anche il rifiuto, da parte dei “bottone”, al patto di ferro proposto dai Birra. La buonuscita per escludere il clan della moquette dal “giro” delle estorsioni non avrebbe, infatti, accontentato – secondo la gola profonda – gli Ascione.
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