«Abbiamo mezzi risicati». L’assessore al Patrimonio, Sandro Fucito spiega così quello che succede al Rione Conocal a Ponticelli – e probabilmente anche in altre zone della città – dove la camorra si sostituisce al Comune gestendo gli alloggi popolari e facendone un business. Case che sulla carta sono di proprietà del Comune, assegnate agli aventi diritto, ma che nella realtà appartengono a tutti gli effetti alla criminalità organizzata che decide chi deve occuparle, quanto deve pagare fino a imporre anche pagamento e ditta per la pulizia delle scale e degli ascensori. Ditta ovviamente appartenente al clan. Quello dei D’Amico: novanta le persone ritenute a loro affiliate e altrettanti gli arresti nell’ambito di una maxi operazione che ha portato alla luce un sistema di gestione degli alloggi pubblici.
Assessore Fucito ma il Comune dov’è?
«Non abbiamo i mezzi adeguati per contrastare fenomeni di questo tipo».
Vuole dire che la camorra può agire indisturbata nelle case di proprietà del Comune di Napoli?
«Più volte in passato abbiamo chiesto anche alla Prefettura la creazione di una centrale operativa che metta in sinergia uffici comunali e forze dell’ordine per assicurare controlli e quindi legalità soprattutto in quelle zone dove è forte la presenza della camorra e finora non se n’è fatto nulla. Da soli, visto anche l’esiguo organico degli uffici del Patrimonio, le migliaia di alloggi da gestire e fenomeni di tale portata, difficilmente possiamo riuscirci».
E quindi, di fatto, come al Rione Conocal e magari in altri quartieri, gli alloggi popolari continueranno ad esser gestiti dall’Anti Stato e non dal Comune?
«Il problema sta a monte e situazioni di questo tipo sono stati favorite anche da una legge regionale. Sfruttando la coabitazione e l’assistenza persone iscritte per due anni allo stesso stato di famiglia e non parenti potevano ricevere voltura di affitto e quindi poi subentrare come assegnatari degli alloggi. Una possibilità che ha creato scompiglio tanto che il Comune non sapeva più chi ci fosse negli alloggi e che ha aperto le porte al mercimonio».
E voi come amministrazione cosa avete fatto?
«Avvalendoci del decreto Lupi da novembre abbiamo cambiato le modalità di rilascio della residenza. Anche perché diversamente da quanto accadeva prima, quando la camorra cacciava dalle case i legittimi assegnatari, ora spesso hanno tutte le carte a posto. Quindi non rilasciamo più la residenza ordinaria, ma temporanea impedendo di fatto di subentrare nell’assegnazione pur appartenendo ad un nucleo familiare diverso.Le istanze di voltura possono essere fatte solo da parenti di primo grado in linea diretta, quindi ad esempio padre-figlio, del nucleo assegnatario».
Torniamo al Rione Conocal dove i D’Amico gestivano gli alloggi popolari….
«L’illegalità negli alloggi popolari non nasce oggi. Quelle case sono state assegnato negli anni Novanta, non ora».
Certo, ma voi che controlli fate?
«Come Comune ogni due anni chiediamo agli assegnatari di portare la dichiarazione anagrafica e reddituale, altrimenti la pigione scatta al massimo».
Ma è risaputo che sono migliaia i morosi e tra loro e gli abusivi, senza contare poi le case di proprietà Iacp, ci vorrebbe un esercito per sgomberare tutti. Mettere le persone in strada non piace a nessuna amministrazione, d’altra parte così si lascia campo libero alla camorra.
«Se Comune e forze dell’ordine collaborano costantemente si possono stroncare certe situazioni. Ad esempio a Forcella c’erano immobili in cui per una lite tra Comune e Asl, nel vuoto, si stava inserendo la criminalità organizzata e siamo riusciti ad evitarlo. Fenomeni come questi sono comunque diminuiti rispetto al passato e anche con le nuove modalità di rilascio della residenza siamo riusciti a inceppare il meccanismo. Occorre un controllo capillare di tutte le forze dell’ordine in sinergia con Comune e Prefettura. Trenta dipendenti del Comune e dieci vigili urbani da soli possono fare poco».