Ci sono troppe incongruenze tra quanto messo nero su bianco nella denuncia a firma del carabiniere L.D.S. – che ha accusato di stalking il parroco don Antonio Marrese, ex vicario del santuario di Pompei e cappellano dell’arma a Torre Annunziata – e quanto invece sta emergendo da perizie e interrogatori. Uno scandalo scoppiato il 15 aprile quando il parroco fu costretto all’esilio a Picerno, suo paese natale, dopo essersi visto travolto da una bufera di critiche e accuse che ora però sembrano iniziare a sbriciolarsi sotto il peso delle indagini. Il carabiniere, originario di Trecase, ma in servizio a Massa Carrara (trasferito dal nucleo investigativo, che peraltro sta portando avanti l’inchiesta, alla stazione) il 15 gennaio aveva denunciato don Antonio accusandolo di presunte molestie in cambio di raccomandazioni e agevolazioni. Poi la scoperta che dietro l’intero scenario si nascondeva uno scheletro nell’armadio per il giovane che affetto da una patologia non avrebbe mai potuto arruolarsi se non fosse stato per un presunto iter di certificati e cartelle cliniche contraffatte. L’ordine di vederci chiaro è arrivato dal pubblico ministero, la dottoressa Rossella Soffio della procura di Pisa che dopo aver ordinato il sequestro di diverse cartelle cliniche negli ospedali di mezza Italia e in particolar modo di Potenza, dove il giovane sarebbe stato ricoverato per una serie di controlli e cicli di terapia, ora ha messo sotto torchio diversi carabinieri e medici. Dichiarazioni preziose per arricchire il fascicolo e fare chiarezza su uno scandalo che ha acceso i riflettori soprattutto sull’arma dei carabinieri. Ed è proprio ascoltando alcuni militari, di diverso ordine e grado e coinvolti in modo indiretto nell’inchiesta, il pm avrebbe poi chiesto di allargare l’inchiesta. Testimonianze messe nero su bianco assieme a una serie di intercettazioni nelle quali il giovane carabiniere avrebbe più volte chiesto incontri a don Antonio e non viceversa. Inoltre, tre dei carabinieri ascoltati avrebbero fornito delle dichiarazioni chiave per sciogliere alcuni interrogativi. Inoltre la perizia che è stata sottoposta sulla famosa sveglia con la microtelecamera incorporata ha dimostrato che quel dispositivo non era stato mai messo in funzione e pertanto, cadrebbe ufficialmente una delle accuse principali dell’intera indagine. Resta invece da chiarire il perché degli esposti anonimi che invece sarebbero arrivati al militare e le cui buste sono state trovate nell’alloggio del parroco. Insomma, quello che emerge sembra per ora capovolgere l’intera situazione.
CRONACA
17 agosto 2016
Pompei. Prete accusato di stalking, “il carabiniere ha mentito”