Avrebbero tentato di camuffare la morte dell’operaio di Santa Maria la Carità per coprire un abuso edilizio. Sono queste le novità contenute nell’avviso di conclusione delle indagini a carico dei cinque, tra costruttori e forze dell’ordine, fini nei guai per la morte di Andrea Cuomo, 57 anni, in un cantiere di Salerno. Precipitò da tre metri e mezzo, era su un’impalcatura e sarebbe caduto a causa di un infarto. Ma non è chiaro se la trombosi coronaria sia stata causata dalla ripida caduta oppure sia stata la causa della perdita di equilibrio. Fatto sta che i presenti sul cantiere fecero di tutto per camuffare la morte, almeno secondo la Procura di Salerno, facendo smontare l’impalcatura agli operai presenti, per poi raccontare di aver visto Andrea Cuomo accasciarsi a terra. Questo lo sostiene il sostituto procuratore Elena Guarino nell’avviso di conclusione delle indagini notificato ai cinque indagati: i costruttori Antonio e Annalisa Pastore, padre e figlia; al direttore dei lavori Giovanni Luigi Nocera, al figlio Umberto Nocera, titolare della ditta che aveva commissionato la costruzione del complesso residenziale a Salerno. Infine anche al tenente colonnello Francesco Merone. L’ufficiale dell’Arma, proprio durante l’incidente, era nel cantiere. L’accusa verso di lui è quella di aver coperto i costruttori non raccontando l’esatta dinamica di quanto era accaduto. Per l’ex comandante del reparto operativo di Salerno l’accusa è di favoreggiamento, in quanto non solo avrebbe mentito ma sarebbe responsabile di omessa denuncia in quanto un pubblico ufficiale, anche se non in servizio.E’ contestato l’omicidio colposo invece ai titolari della Pastore Srl, padre e figlia, in quanto responsabili dei mancati controlli sanitari e di visite mediche agli operai. In effetti l’autopsia ha rilevato una patologia cardiaca che non avrebbe mai consentito ad Andrea Cuomo di lavorare su quel ponteggio, oltretutto senza protezione. L’ordine di simulare una morte naturale per infarto sarebbe partito invece dal titolare Antonio Pastore e la responsabilità è al direttore dei lavori Giovanni Luigi Nocera. Soltanto di seguito alla riapertura dell’inchiesta erano stati scoperti abusi edilizi all’interno della struttura che era in fase di costruzione, tanto da essere sequestrato dalla Procura. Di quest’accusa però rispondono la figlia di Pastore e il figlio di Nocera, entrambi titolari sulla carta, rispettivamente, della ditta di costruzione e dell’azienda che aveva commissionato la costruzione delle palazzine.Si tratta di un’inchiesta che era stata archiviata dopo la morte del 57enne sammaritano nello scorso dicembre 2014. La famiglia dell’operaio aveva però incaricato i legali di fiducia per andare fino in fondo, tanto da fare opposizione e ottenere la riesumazione della salma a un anno dal decesso. Così l’inchiesta è stata riaperta, scoprendo quindi macabri risvolti lega-ti alla morte dell’operaio di Santa Maria la Carità. In cinque quindi vanno verso il processo, dopo due anni di indagini, a colpi di ricorsi e nuovi risvolti.
CRONACA
20 agosto 2016
Santa Maria la Carità. Morì sul cantiere e smontarono le impalcature: 5 indagati