Una certezza e poi un ventaglio di possibilità. Flavio Salzano, il numero due del clan De Micco assassinato nella notte tra lunedì e martedì, è caduto in una trappola. Una trappola tesa da una persona di cui il 29enne si fidava. Ché in via San Michele, stradina isolata di Ponticelli, non ci arrivi nel cuore della notte per incontrare uno sconosciuto, men che meno la raggiungi se sei latitante e devi fare attenzione ai posti in cui ti rechi. Aveva un appuntamento, Salzano. Di affari, pensava lui. Invece s’è trovato la morte di faccia. Ed è a questo punto che le indagini degli agenti del commissariato di Ponticelli e della squadra Mobile di Napoli si incamminano verso una prateria di punti di domanda e di possibilità tutte da vagliare. L’omicidio di Flavio Salzano è stato un evento inaspettato: la faida per il controllo delle attività illecite è ormai una pratica archiviata, i De Micco hanno messo la loro ‘bandiera’ a Ponticelli e Salzano s’era ritagliato un posto d’onore accanto al capo. Chi avrebbe avuto interesse ad ucciderlo? Parte da questo primo interrogativo l’indagine di polizia. Sul piatto tre direttrici da seguire, e al momento nessuna esclude l’altra. Alla luce della modalità dell’agguato e della certezza che il 29enne sia morto a causa di una persona che conosceva bene, un’ipotesi investigativa porta dritto al clan De Micco. E dunque alla lettura dell’epurazione interna. Vorrebbe dire che Salzano – cui i De Micco hanno garantito per due mesi una copertura a prova di arresto – l’avrebbe fatta grossa per spingere i vertici dell’organizzazione a togliergli la vita. Ma potrebbe essere accaduto anche dell’altro. Potrebbe essere accaduto che proprio la persona di cui Salzano si fidava abbia venduto il 29enne ad uno dei gruppi che non hanno mai visto di buon occhio i De Micco ma che hanno dovuto deporre le armi per l’evidente incapacità di frenare la loro inarrestabile ascesa. I sospetti convergono così sui De Luca Bossa del Lotto O, quel rione di edilizia popolare dove appena il 7 giugno scorso hanno trovato la morte il boss della Sanità Raffaele Cepparulo e l’innocente Ciro Colonna di 17 anni: i De Luca Bossa hanno fatto quadrato coi D’Amico del rione Conocal per cercare di arginare lo strapotere dei ‘Bodo’, ma soprattutto hanno pagato un tributo di sangue altissimo per colpa dei rivali. Il 29 gennaio 2013, in via Toscanini, Antonio Minichini – figlio della ‘reginetta’ della camorra Anna De Luca Bossa e nipote del ras Teresa De Luca Bossa – venne ucciso in un agguato il cui vero obiettivo era Gennaro Castaldi, pure lui ammazzato. La morte di Michinini non è mai stata vendicata, benché i De Luca Bossa abbiano giurato di farla pagare ai De Micco. Ma, se questa fosse la pista giusta, perché i signori del Lotto O hanno agito solo ora? I De Luca Bossa sono meno deboli di un tempo, gli investigatori hanno registrato segnali di ripresa. Non solo: i De Micco si sentono più tranquilli e potrebbero aver abbassato la guardia, lasciando così aperta una porta d’accesso al loro mondo in cui i De Luca Bossa potrebbero essersi infilati. Terza ipotesi: ad uccidere Salzano potrebbe essere stato un gruppo di reduci del clan Sarno che ha firmato – dicono gli inquirenti – gli omicidi dei parenti dei Sarno pentiti avvenuti tra gennaio e maggio e che starebbe continuano la sua opera di lenta ma feroce opera di riposizionamento sul territorio. Un omicidio e tre ipotesi. L’omicidio di Flavio Salzano, per ora, resta un rebus ancora tutto da decifrare.
CRONACA
31 agosto 2016
Latitante ucciso a Ponticelli, il rebus dei mandanti