La Strada Provinciale 1 attraversa il campo forestale di Cadelano, trenta chilometri da Cagliari. Per raggiungere la contrada di Uta occorre costeggiare uno stabilimento che produce birra e un agriturismo. La casa circondariale “Ettore Scalas” compare dopo una breve salita. In tutta la sua precarietà. Già, perché malgrado l’investimento da decine di milioni di euro, il carcere cagliaritano restano uno dei meno attrezzati d’Italia. Meno sicuri, soprattutto. Lo dicono le relazioni delle forze di polizia (26 risse, 63 aggressioni e 250 casi di autolesionismo in 10 mesi), lo denunciano le interrogazioni dei politici sardi. Come quella presentata da Mauro Pili, deputato di Unidos. La struttura penitenziaria di Uta è da mesi oggetto dei dossier del deputato. È stato lui a documentare l’inadeguatezza dell’area riservata al 41bis (celle prive di muri di isolamento, con materiale edilizio che ancora ingombra i passetti e finestre senza grate), ancora lui a segnalare – con un dossier fotografico – la presenza di tombini non coperti che collegano l’interno della casa circondariale con la Strada Provinciale 1. L’ultimo esposto di Pili riguarda una sorta di diaspora dei boss di malavita. Trasferimenti avvenuti «alla spicciolata, in silenzio e approfittando del Ferragosto». È qui, nelle celle del carcere “Ettore Scalas” che sono stati trasferiti pericolosi camorristi. Qui, in quella struttura che i sindacati della polizia penitenziaria hanno descritto in più di un’occasione come «ostaggio dell’antistato». «Nel braccio di alta sicurezza denominato inopportunamente “Arborea” nella struttura penitenziaria di Uta, a pochi chilometri da Cagliari, ci sono 20 capi di Cosa Nostra e Camorra, tra cui diversi del clan dei Casalesi», questa la denuncia di Pili che annuncia per le prossime ore una «visita ispettiva nel carcere per accertare personalmente la situazione della struttura e verificare i nuovi arrivi». «Hanno approfittato di terremoto e sbarchi di migranti – sottolinea il deputato di Unidos – per far il blitz mafioso-camorristico. I boss sono arrivati alla spicciolata in meno di una settimana. Il blitz ferragostano è andato in porto anche se nelle prossime ore dovrebbero completare l’operazione con altri 20 capi clan. Tutto questo contravvenendo alle regole che impongono la netta separazione tra i detenuti “alta sicurezza” e quelli ordinari». Secondo Pili il braccio Arborea è stato isolato «con inutili accorgimenti: l’unica precauzione messa in campo è un nastro specchiato apposto sulle porte d’ingresso del reparto. Ma la tensione comincia già a salire per il tipo di personaggi giunti ad Uta e il primo problema è l’utilizzo della palestra. I boss hanno chiesto di poterne usufruire, ma ci sono solo 12 postazioni per oltre 500 detenuti». Ma c’è dell’altro. Ed è quest’ultimo aspetto a preoccupare maggiormente il deputato. «Familiari e adepti potrebbero decidere di spostarsi a soggiornare nelle zone limitrofe al carcere con tutto quello che ne consegue».
CRONACA
3 settembre 2016
Napoli, boss trasferiti in carcere a Cagliari, scatta la protesta