Salerno ed il suo lungomare in una bellissima giornata, con quell’aria frizzante che soltanto la brezzolina di settembre sa regalare. Metti insieme, attorno a un tavolo, Angelo Fabiani, Eziolino Capuano, il sottoscritto ed un “auditore” discreto, il promettente Alberto Bianchi che, appesi da poco gli scarpini, studia da direttore sportivo. Vivere due ore di calcio, in serenità, fuori dal “campo”, riempite da uno spassoso “amarcord” e da tanta tattica. Sorseggiando, loro, un buon bicchiere.
Una rimpatriata. Improvvisata, scanzonata, allegra. Del resto con la presenza dirompente di Capuano non poteva essere diversamente. Sbaglio quando immagino che il tempo e le esperienze siano riuscite a plasmare “Eziolino”. E, invece, è rimasto l’ineguagliabile cantastorie di sempre. La sua “verità” è sempre condita di fantasiose porzioni di fantacalcio. Un allenatore unico, nel suo genere, non racchiudesse in sé quei pregi e quei difetti, congeniti, allenerebbe sicuramente in serie A. Ma lui non vuol capire. Sempre dibattuto tra l’intrinseco ed il semantico.
Ha coniato un nuovo dizionario della tattica. In una difesa a tre il difensore esterno è divenuto un “braccetto”, il centrale in mezzo al campo è l’uomo della “memoria”. Le mille mollichine di pane, che disperde sulla tovaglia, fanno da contorno a una sua approfondita lezione di tattica.
Non accetta di essere un “vedovo” della panchina, ma non molla un passo nei confronti della dirigenza dell’Arezzo. In effetti gliela stanno facendo sporca. Non si fa. Anche fosse vero soltanto il 50 per cento di quello che racconta sulla dirigenza granata.
Nella sostanza è però un genuino. Provocandolo gli tiri fuori la verità. Il suo amore, ancora oggi mai ricambiato, è sempre per la Salernitana. Il suo sogno potersi fiondare, esultante, sotto quella curva. Il suo messaggio per Lotito è esplicito. La allenerebbe anche gratis. L’impatto con l’ambiente sarebbe estremamente positivo. Il “gladiatore” che vive in lui sarebbe capace, all’Arechi, di scatenare l’inferno. E poi Taranto, una piazza, appena palpata, che gli è però rimasta nel cuore.
La sfida che gli propone Fabiani, di insegnare ai ragazzi della primavera granata, non lo stuzzica. Sbaglia, in questo, sapendo di sbagliare. Vuole tutto e subito, ma non sarà mai possibile.
Negli occhi e nell’atteggiamento di Angelo Fabiani, anche oggi di un umore sottile e scanzonato, un velo impalpabile di malinconia è inevitabile. Sei anni nella pancia dell’Arechi peserebbero a chiunque. Potrebbe sorgere in tutti il desiderio di cambiare aria. Soprattutto in presenza di valide alternative. E chi può dire che non ce ne siano.
L’immediato narra che la classifica odierna della Salernitana piange e che occorre una immediata inversione di rotta. Di certo questa squadra non è da bassifondi come recita la classifica attuale. Potrebbero essere sufficienti soltanto alcuni piccoli correttivi. Su Sannino si è volutamente glissato. Non era proprio il caso, del resto. Ho però fatto mia una considerazione. A voce alta. Alcune incomprensioni, principalmente tra il tecnico ed una “fetta” dei media locali non giova. Le “guerre” lasciano sempre “morti” in terra. E la Salernitana, di oggi, non ne sente assolutamente il bisogno. Non mancano al buon Angelo le capacità, l’esperienza ed il mestiere per indicare al suo tecnico la strada per uscire da questa situazione “antipatica” che, in tutta sincerità, è già andata ben oltre i limiti del consentito.
A tavola, si è parlato anche di tanto altro. Di mercato e di gossip. Dileggiando, perché no, su qualche personaggio. Principalmente su alcuni, quelli che si prendono troppo sul serio. In una foto scattata a Fabiani e Capuano, che ho pubblicato sul mio profilo facebook, sono racchiusi i tanti significati che possono essere percepiti soltanto da chi, del calcio, è in grado di viverne l’essenza.
E oggi, all’Arechi, si torna a giocare. Sannino ha soltanto un risultato.