Ognuno è fabbro della sua sconfitta e complice del suo destino, lo dice pure il “maestro” De Gregori, e la Salernitana dovrebbe far sua quella poesia in musica per non rischiare di trasformare il ko patito per mano della Spal in un disco rotto e stonato: «C’era un rigore». Sì, certo. C’era. E pure molto evidente. Ghersini di Genova non l’ha visto, e ha contribuito ad affossare i granata quand’erano già a terra, impedendogli di rialzarsi mentre la partita “ballava” sul 3-2 ma non aveva ancora visto scorrere i titoli di coda. Il Coda con l’iniziale maiuscola, quello con il numero 9 sulle spalle e il cavalluccio marino sul petto, aveva segnato un gol fantastico per provare a rimediare agli sciagurati errori d’una difesa indifendibile – mai gioco di parole fu più crudelmente azzeccato -, capace d’esaltare un avversario con tanta volontà quanti limiti.
Ed è su questo punto, sui clamorosi svarioni che hanno regalato i tre gol agli estensi, che la squadra di Sannino ha il dovere di riflettere e lavorare, senza cedere alla tentazione di rifugiarsi nell’alibi d’un torto – evidente – subito per quel braccino galeotto di Giani (mica per caso, omonimo d’uno dei più grandi pallavolisti d’Italia nella belle époque di Julio Velasco). Il tecnico granata, dopo il novantesimo, ha fatto esercizio d’apprezzabile equilibrio. Ha espresso la sua amarezza senza far drammi, sottolineando la giornataccia di Schiavi non emettendo sentenze di condanna definitiva (però anticipando che «pagherà»), e soprattutto evitando d’aggrapparsi all’episodio della “cappellata” dell’arbitro.
Il terzo flop su sette gare per la Salernitana, del resto, è figlio soprattutto dei buchi d’una difesa imbarazzante per com’è sembrata perforabile ad ogni affondo. Distratta, deconcentrata, confusa. Come se il tempo si fosse fermato all’anno scorso. E in fondo, al netto dei problemi fisici che nell’ultima stagione massacrarono la squadra di Torrente prima e Menichini poi, i centrali di retroguardia sono gli stessi. Problema strutturale, mentale o cos’altro? Nel rincorrersi degli interrogativi, corre il campionato di serie B, lasciando i granata laggiù, dove manca l’aria, e facendo troppo presto riapparire fantasmi del recente passato. Quando isterismi e vittimismi, nell’improbabile tentativo di mascherare le sconfitte, fecero della Salernitana una bad loser.
C’è (ancora) tempo per non esser di nuovo una “cattiva perdente”, e per rimettersi sulla strada che la triade Lotito-Mezzaroma-Fabiani immaginava per il torneo del riscatto granata. Però occorre svoltare. E farlo davvero. Ché domenica prossima all’Arechi c’è il Benevento, primo derby e già – nell’umanissima percezione del mondo del pallone – ultimo appello per non disperdere quel patrimonio d’entusiasmo che anche ieri ha portato 500 tifosi a Ferrara. Inutile restarci male se, in quest’inquietante sensazione di remake del campionato scorso, li si (ri)sentirà cantare «meritiamo di più»…