Non tutti sanno infatti che gli appetitosi piatti della cucina giapponese a base di sushi, sashimi e uramaki, possono contenere dei parassiti trasmettibili all’uomo molto più facilmente di quanto si creda, se non vengono osservate alcune norme.Soprattutto negli ultimi mesi, a Milano si sono moltiplicati i casi di sindrome sgombroide ribattezzata “Mal di sushi”. Dall’inizio dell’anno ad oggi sono quasi cinquanta i consumatori finiti all’ospedale accusando i sintomi classici dell’intossicazione da istamina: nausea, diarrea, palpitazioni e sbalzi improvvisi di pressione. La sindrome sgobroide, però, può avere effetti ben peggiori: nei pazienti cardiopatici, ad esempio, l’avvelenamento da istamina può addirittura provocare uno choc anafilattico.
Il caso è finito sul tavolo della Procura di Milano dopo che quattro medici sono rimasti intossicati lo scorso 29 settembre dopo avere mangiato tonno in un ristorante del centro. L’intossicazione da istamina è causata dal consumo di pesce crudo mal conservato o semplicemente non più fresco: a causa del deterioramento delle carni, per la cattiva conservazione o semplicemente perchè il pesce è vecchio, si sviluppa il focolaio della contaminazione. Il problema riguarda il tonno e il pesce azzurro, dalle sarde alle palamite, sgombri, tombarelli. Aumentano i casi di intossicazione da pesce crudo a Milano. Per chi dunque vuole mangiare il pesce crudo (o scottato) tipico del sushi, vale il consiglio di affidarsi a locali che si conoscono bene, anche a costo di spendere qualcosa in più. La terapia per guarire i sintomi (nausea, rossore, mal di testa) è di solito cortisonica e si esaurisce in breve tempo. “