Il calcio è andato in paranoia. Principalmente in Lega Pro e nelle categorie inferiori. Accadono cose inconcepibili. Di un pressapochismo incredibile. A Caserta come a Mantova. A Taranto come in Ancona. Non ne sono esenti Pisa e Avellino in serie B. Nella baraonda ingestibile vengono coinvolti aspetti della gestione finanziaria, gli assetti societari, le vicende dell’area tecnica.
Andiamo con ordine.
Le fidejussioni della Gable risulterebbero essere tutte “ballerine”, ma quella piccola compagnia assicurativa, che batte bandiera caraibica, era abilitata dall’Ivass al rilascio di quelle polizze. La domanda che ci si pone è come mai venti società di Lega Pro, la Sampdoria, il Bari e qualche altro, in pratica un terzo dei club facenti parte dell’organico professionistico italiano sono tutte clienti di una azienda dal capitale sociale svenduto e non in grado di adempiere, nella necessità, agli impegni contrattualmente assunti. Una domanda viene spontanea, quale “mano” ha potuto consigliare alle Società la sottoscrizione di quei contratti? Perché è scontato che qualunque broker, degno di tale nome,deve essere a conoscenza delle solvibilità e degli indici di mercato.
A nessuno è ancora venuto in mente che la Gable ha agito d’astuzia. Alla maniera di quelli che in passato venivano definiti “magliari”. Ha effettuato la “raccolta” e dopo appena alcuni mesi ha reso note, pubblicamente, le proprie difficoltà finanziarie ritirandosi dal mercato e denunciando la propria insolvenza. Qualcuno deve averci in ogni caso guadagnato. O no?
Tra i venti club di Lega Pro che intrattengono rapporti con la Gable anche la Casertana. Per il caos venutosi a creare a livello Societario i rossoblu rischiano di saltare nel volgere di pochi giorni. A tutt’oggi appare problematico che Tillia, un avvocato romano con precedenti analoghi a Martina Franca lo scorso anno, possa far fronte agli impegni economici assunti nei confronti dei propri tesserati, alle scadenze previste dai regolamenti. Occorrerebbero più di 200 mila euro. Allo stato attuale non si vede ancora l’ombra di un quattrino. Analoga situazione si registra in Ancona. La Società passata in mano ai tifosi ha bruciato in una sola stagione tutte le risorse. In estate si è presentata una nuova ondata di ipotetici acquirenti. Ad oggi non hanno versato un centesimo. Lunedì prossimo ci sono da pagare stipendi e contributi. Di una similitudine spettrale la situazione a Mantova. Tutti i gruppi hanno un unico denominatore di matrice romana ed hanno avute precedenti esperienze non proprio positive in altri club.
A Taranto la situazione fantozziana ha origini di natura tecnica. Aldo Papagni, richiamato in estate sulla panchina rossoblu a furor di popolo, non è mai riuscito ad entusiasmare la platea dello Iacovone. Gli è stata sempre rimproverata la pratica di un gioco “sparagnino” caratteristico della squadra. Nonostante un programma di minima da sempre manifesto ed una classifica in linea con le aspettative, lunedì è maturata, all’improvviso, la decisione del licenziamento. La sconfitta di Catanzaro ha fatto evidentemente traboccare il vaso. Il fatto è oltremodo curioso. Papagni dopo il consueto summit del lunedì mattina si è congedato con un abbraccio affettuoso dalla presidentessa Elisabetta Zelatore. Avevano insieme programmato il lavoro delle prossime due settimane. Non vi erano ombre nelle espressioni dell’una e dell’altro. Non erano però trascorse due ore che l’allenatore è stato rintracciato telefonicamente da un emissario della Società. Aveva l’incarico di notificargli il licenziamento. Saremmo ottimisti se parlassimo di un fulmine a ciel sereno.
Gli subentra da oggi Fabio Prosperi sprovvisto di licenza. Ce l’ha però Franco Delli Santi che raggiunge così il suo scopo primario. Tornare da direttore tecnico sulla panchina del Taranto.
Riusciranno a coniugare il verbo della collaborazione?