Portici. «Quando sono arrivato in fondo al pozzo non ha detto nulla. Mi ha solo abbracciato. Piangeva di gioia». Ha ancora la tuta arancione addosso il pompiere che martedì sera ha salvato Carmine, il bambino di 12 anni precipitato in un pozzo di via Scalea a Portici. «Ma quale eroe – ripete con modestia – ho solo fatto il mio dovere, quello che facciamo ogni giorno».
Nelle sue parole e sul suo volto, ci sono le pagine di un racconto surreale. Una storia che ha ricordato l’assurda tragedia di Alfredino Rampi, il bambino morto in un pozzo in provincia di Roma nel 1981. «Quando siamo arrivati sentivamo la sua voce – le parole dei soccorritori del nucleo sommozzatori – aveva i piedi nell’acqua gelida. Con un’imbracatura mi sono calato nel pozzo. Era stretto e a mala pena riuscivo a vedere qualcosa con la torcia».
L’operazione dura in tutto 45, lunghissimi minuti. Poi quell’abbraccio liberatorio e le parole ripetute dal bambino di 12 anni che era finito in quella botola soltanto per recuperare il suo pallone. «Ci ha ringraziati e ha detto che presto verrà a trovarci in caserma. Chissà può darsi che diventi anche lui un pompiere».
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