Quella di Amauri è un’emblematica storia di calcio.
Amauri Carvalho de Oliveira (detto Amaurì coll’accento sulla i) nel 1998 è ancora uno dei tanti ragazzi brasiliani con una irrefrenabile passione per il calcio.
Non è il prodotto di una scuola calcio, non ha genitori sostenitori, anzi, per aiutare la sua poverissima famiglia, è costretto a fare anche lavori pesanti e, spesso, la fatica accumulata incide sulla qualità delle sue prestazioni sportive nei tanti provini a cui si sottopone per giocarsi la sua possibilità di riscatto.
Trova un ingaggio con il Santa Caterina (seconda divisione brasiliana). Ha 20 anni e pochissime possibilità di giocare nel calcio che conta. Arriva in Italia per la Coppa Carnevale di Viareggio e ha un buon impatto sul torneo. Ha subito l’ingaggio del Bellinzona: non è molto, ma potrebbe cominciare ad arrivare qualche soldino.
In Svizzera l’annata è però disastrosa, costellata da tanti piccoli infortuni. Niente rinnovo e provino in Belgio andato male. Non ha i soldi per tornare in Brasile. In Italia, per qualche mese, vive come un clandestino, poi il manager Grimaldi lo tessera per il Parma per girarlo al Napoli dove gioca il suo idolo: Edmundo.
E’ retrocessione dopo un’annata cominciata nei ranghi della Primavera e culminata con 6 presenze e il primo gol in serie A.
Il suo destino sembra essere quello di uno dei nomi che negli album di figurine è inserito sempre tra i “completano la rosa”.
Piacenza e Empoli senza lasciare traccia. A Messina, in serie B, trova continuità: 23 presenze e 4 gol. Torna in serie A col Chievo. Il suo è ancora un destino da comprimario. Racconta che era così poco conosciuto che una volta entrò in un importante negozio di abbigliamento del centro di Verona e i commessi gli chiesero se avesse abbastanza soldi per pagare l’abito che chiedeva di provare. Dopo due anni chiuso dagli idoli locali Cossato e Pellissier, Amauri trova nel 2005/06 un ruolo da protagonista contribuendo con 11 reti al piazzamento in Champions del Chievo (complici le penalizzazioni di Calciopoli). Nonostante due sue reti nel preliminare, il Chievo viene eliminato ed Amauri va al Palermo nell’ultima giornata di Calciomercato. L’inizio è folgorante, grazie ai suoi gol il Palermo va in testa alla classifica. Ancora una volta il destino decide di voltargli le spalle. In uno scontro col portiere del Siena, Manninger, si infortuna gravemente ed il Palermo finisce la stagione al 5 posto. Guidolin lo accosta a Drogba. Amauri è un centravanti di peso. Buon dinamismo e grande temperamento. Il secondo anno al Palermo è perentorio, tanto da garantirgli il premio come miglior giocatore del campionato 2007/08. Arriva la chiamata della Juve. Stagioni in chiaroscuro e un deferimento come condanna per le irregolarità nel suo passaggio dal Palermo alla Juve. Negli anni a Torino acquisisce anche la doppia nazionalità brasiliana ed italiana grazie a una ridicola clausola di “naturalizzazione” possibile grazie agli avi italiani di sua moglie. È il potere bianconero che spera di fare il colpaccio riuscito con l’impalpabile italianità di Camoranesi. Trasformare un giocatore extracomunitario in un calciatore convocabile per la Nazionale Italiana significa un ritorno economico notevole. Lippi, pur stimandolo, non lo convoca. Dunga lo vorrebbe nella Seleção per un’amichevole proprio contro l’Italia. Amauri vorrebbe giocare ma la Juve gli nega il permesso adducendo pretestuosi ritardi nella richiesta. Al ragazzino brasiliano che lavorava duro, che aveva fatto tanti provini, che aveva cambiato mille squadre, che, poco alla volta, si era guadagnato rispetto e credibilità, viene negato il coronamento del sogno di ogni bambino: giocare nel Brasile.
Cesare Prandelli, nel 2010, gli regala la sua unica maglia azzurra nella sconfitta dell’Italia contro la Costa D’avorio. E’ l’inizio dell’era Conte alla Juve e viene messo fuori rosa. Seguono esperienze altalenanti in giro per la serie A. Positive quelle col Parma, meno quelle con Fiorentina e Torino.
Ora gioca negli USA e ancora segna.
Costante delle sue vicende calcistiche italiane sono i trasferimenti all’ultima giornata di Calciomercato e i cambi di casacca a gennaio, quasi ad etichettarlo come una “seconda scelta”, un ripiego “last minute”. I tanti piccoli (e grandi) infortuni che ne hanno limitato la carriera sono le “ferite sul campo” di un giocatore sempre molto “generoso”. Amauri avrebbe meritato più considerazione e più rispetto le sue qualità.
Amauri è stato classificato come uno dei giocatori più belli della serie A degli ultimi 20 anni e, secondo alcune voci, questo suo fascino ha suscitato molte gelosie nello spogliatoio (in particolare alla Juve) e, pare, ne abbia limitato la carriera per l’ostracismo dei compagni.