«L’eroina se l’erano andati a comprare da soli a Secondigliano, cinque pezzi per quella sera. Spesso organizzavamo serate così e tutti sapevano dove andare per comprare la roba. Che il ragazzo era morto io l’ho saputo solo la mattina dopo, come gli altri. Non è vero che ho chiamato il padrone di casa o che ho detto di non chiamare l’ambulanza. Non è vero, non è vero niente». Eppure di voci, tantissime voci, su quello era accaduto nella notte maledetta tra il 7 e l’8 giugno 2012 quando Giuseppe Gargiulo di Piano di Sorrento morì a soli 19 anni per un’overdose di cocaina, a casa del suo amico di Sorrento Francesco Sorrentino dopo un droga-party, ne erano girate tante tra amici e conoscenti dei ragazzi. Voci che vedevano sempre tra i protagonisti Valeriy Suponin, giovane originario della Russia e residente Sorrento da tempo che venne poi arrestato perché accusato di spaccio di sostanze stupefacenti.
«Tizio mi ha detto», «Ho saputo da Caio» e così via discorrendo, il racconto intorno alla tragica fine di Giuseppe Gargiulo nell’appartamento di vico Rota, nel cuore di Sorrento, era passato di bocca in bocca facendo venire fuori una versione dei fatti, accreditata dalle indagini dei carabinieri e della Procura della Repubblica di Torre Annunziata, che ha portato a processo, con l’accusa di omissione di soccorso, l’amico del ragazzo defunto, Francesco Sorrentino e sua madre Letizia Autiero. Quale versione? Giuseppe Gargiulo si era sentito malissimo subito dopo l’assunzione dell’eroina, fuori dalla casa in cui morì- gravissima debolezza, forti difficoltà respiratorie, perdita di coscienza- eppure sarebbe stato accompagnato a casa dell’amico e messo a letto, senza allertare i soccorsi sanitari. Ambulanza chiamata solo alle 10 del giorno dopo quando non c’era più nulla da fare. Solo che nessuno fino ad ora, né nel corso delle indagini né tantomeno del processo che si tiene davanti al giudice monocratico Maria Laura Ciollaro del Tribunale di Torre Annunziata, nessuno ha mai ascoltato il super-testimone russo, Valeriy Suponin ai quali gli altri testimoni avevano affidato un ruolo centrale nella ricostruzione dei fatti. A farlo ascoltare in aula ci ha pensato l’avvocato Antonio de Martino, difensore dei due imputati, che ha sottolineato come anche nelle intercettazioni telefoniche effettuate nel corso delle indagini non emergeva alcun ruolo del ragazzo russo. Anzi, anche lui come tutti gli altri aveva saputo del decesso la mattina dopo. Quando- hanno sempre sostenuto mamma e figlio- si accorsero che il ragazzo rimasto a dormire da loro non si svegliava e lo trovarono morto.
CRONACA
14 gennaio 2017
Morto per overdose a 19 anni, il super testimone russo racconta il droga-party di Sorrento