Alcuni spari squarciano il silenzio dei vicoli intorno a mezzanotte. Lo scenario è, ancora una volta, piazza Sanità. E, per uno strano scherzo del destino, a “guardare” c’è la statua che raffigura Genny Cesarano. Proprio lì nella notte del 6 settembre 2015, il ragazzo – 17 anni appena – era stato ammazzato per errore dai sicari dei Lo Russo, arrivati da Milano per una “stesa” di camorra per punire il boss della Sanità Pierino Esposito. Quei killer sono stati arrestati, grazie alle dichiarazioni del pentito Carlo Lo Russo, due giorni fa. Eppure in quella stessa piazza dove è morto un ragazzino poco più che adolescente si è tornato a sparare sabato notte. Sarebbe un giovane di 21 anni di origini straniere quello rimasto ferito alla gamba sinistra da uno dei colpi di pistola esplosi da una persona in sella a uno scooter. E insieme a lui una seconda persona, alla cui identità i poliziotti del commissariato San Carlo Arena stanno cercando di risalire. Secondo quanto raccontato da un amico, che lo ha soccorso portandolo al Vecchio Pellegrini, il 21enne sarebbe stato colpito mentre tentava di disarmare il centauro. Le condizioni di salute del ragazzo sono tuttavia buone: 20 giorni di guarigione è la prognosi dei medici. Sembrerebbe però che i due non fossero l’obiettivo della sparatoria, segnalata da una pattuglia dell’Esercito. L’episodio è avvenuto dunque a poche ore dagli arresti dei presunti killer di Genny Cesarano: Antonio Buono, Luigi Cutarelli, Ciro Perfetto e Mariano Torre, accusati dei reati di omicidio, tentato omicidio, porto e detenzione illegale di armi, reati aggravati dal metodo mafioso. Arresti per i quali sono state decisive le dichiarazioni del boss pentito Carlo Lo Russo. Quando seppe dai giornali che era stato ucciso Genny, il boss capì subito che i suoi killer «avevano fatto un guaio. Un ragazzo di 17 anni non poteva far parte del clan», racconta l’ex capoclan di Miano, nel verbale in cui ricostruisce i retroscena dell’omicidio. I particolari di quella tragica notte sono agghiaccianti. «Mi avvisarono che Pierino Esposito era venuto con il suo gruppo a Miano a fare una stesa e a minacciarmi», racconta Lo Russo. «Dissi così di andare alla Sanità, cercare Pierino e i suoi ragazzi e ucciderli». «Tornarono tutti euforici e raccontarono di aver sparato a un gruppo di ragazzi nella piazza. Cutarelli descrisse la scena come se avesse sparato lui». Dettagli di una notte in cui a morire non fu un boss, ma un ragazzo innocente di 17 anni.
CRONACA
22 gennaio 2017
Sanità, a 24 ore dagli arresti per la morte di Genny si torna a sparare