Napoli. La tecnologia li ha traditi (i loro telefoni cellulari sono stati rintracciati a chilometri di distanza dall’ospedale, in orario di servizio), la tecnologia potrà evitare che lo scandalo dell’assenteismo di massa si ripeta. Il giorno dopo il maxiblitz contro i furbetti del cartellino – 94 indagati, 55 agli arresti domiciliari – nell’ ospedale Loreto Mare si discute di come prevenire futuri abusi, e la risposta sembra una sola: il sistema di controllo delle presenze mediante impronte digitali, attuato da qualche mese nell’ospedale di Salerno dopo un’inchiesta che fece scalpore, facendo emergere la cifra record di 850 presenze fantasma.
Il segretario regionale della Cimo (Confederazione medici ospedalieri), Antonio De Falco, è favorevole all’idea, anzitutto per tutelare i professionisti che svolgono il proprio dovere. Gli utenti dell’ospedale ne sarebbero felici: “Impronte digitali? Questo ed altro, purché medici e infermieri siano al loro posto. E’ indecente attendere mesi per un intervento o un esame, se ognuno lavorasse le cose andrebbero meglio”.
Al Loreto Mare il clima resta teso. Si è aperta la caccia al ‘corvo’, ci si chiede chi sia stato l’autore delle denunce all’origine dell’inchiesta. Si ripete che occorre evitare le generalizzazioni, che la struttura – pur tra mille problemi – rappresenta un punto di riferimento nella sanità di frontiera napoletana. “Io mando i Nas negli ospedali – ricorda il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin – nella maggior parte dei casi riscontriamo grande dedizione al lavoro, e poi ci sono situazioni incredibili. Spero che questi esempi di durezza servano a far comprendere che lo Stato c’è”.
Sul fronte delle indagini, il gip Pietro Carola ha cominciato gli interrogatori di garanzia: i primi indagati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Gli addebiti sono pesanti e circostanziati: pedinamenti, intercettazioni, riprese video e analisi delle ‘celle’ cui si agganciavano i telefonini dimostrano che i furbetti si dedicavano a ogni sorta di attività pur risultando in servizio.
C’era chi faceva shopping, giocava a tennis, lavorava come chef in un resort o addirittura clonava illegalmente schede per la pay tv; c’erano i medici che, malgrado legati da rapporto di esclusività all’ospedale, si dedicavano a prestazioni in strutture private. Proprio un esposto anonimo legato a tre di questi ultimi casi ha dato il via all’inchiesta.
Su 55 indagati finiti ai domiciliari, 50 devono rientrare in servizio, per ordine del gip: un modo per non bloccare l’attività del Loreto Mare. Per gli altri cinque, colpiti dalle accuse più gravi, la Asl ha già disposto la sospensione con il dimezzamento dello stipendio. E l’inchiesta potrebbe allargarsi, alla ricerca di complicità interne che abbiano aiutato l’esercito dei furbetti a rimanere invisibile.