Meta. Il sindaco di Meta Giuseppe Tito, prima della bufera giudiziaria, ha «tentato senza riuscirci di “comprare il silenzio” dei suoi denuncianti» e «di coloro che sono pericolosamente a conoscenza del suo reale coinvolgimento» nel giro di mazzette contestato dalla Procura di Torre Annunziata per la gestione dei parcheggi comunali. Per farlo, il primo cittadino e consigliere della Città metropolitana di Napoli del Pd aveva «garantito la tutela legale gratuita» di un avvocato.
Lo scrive nel suo appello presentato al Tribunale del Riesame di Napoli e notificato agli indagati nei giorni scorsi il sostituto procuratore Silvio Pavia, titolare dell’inchiesta Tito-gate. Dopo il “no” dell’ufficio gip di Torre Annunziata, il pm invoca misure cautelari per quattro degli otto indagati. Nel dettaglio, arresti domiciliari per Tito e l’amministratore della coop San Michele e della società di trasporto Amps Antonino Staiano e il divieto di dimora per il comandante dei vigili urbani Rocco Borrelli e per il “re” delle luminarie natalizie Aniello Donnarumma.
Nei motivi del ricorso, la Procura ci va giù duro. Tutto ruota attorno alla figura di Tito che, a detta del pm Pavia, rivestendo tuttora l’incarico di sindaco, è nelle condizioni di poter «palesemente inquinare le fonti di prova e di commettere altri reati della stessa specie». Ed è qui che, nell’appello al Tribunale della libertà, vengono snocciolati ulteriori elementi su cui si basa la richiesta di arresto. Secondo la Procura, le modalità di azione di Tito sono emblematiche ed evidenziano la consapevolezza di poter finire nel mirino degli inquirenti. In tal senso, evidenzia il pm Pavia, quando precedentemente alla notifica degli avvisi di conclusione delle indagini preliminari Tito viene ascoltato dalla polizia giudiziaria ed inizia a capire il tono delle ipotesi di reato, il sindaco si interessa a come poter allestire un impianto difensivo. In tal senso, emergono i tentativi di calmierare gli animi di chi ha denunciato le tangenti che, per le fiamme gialle della tenenza di Massa Lubrense e la Procura, il leader democrat ha intascato per sei mesi nel 2012 per un ammontare di 15mila euro. C’è ancora dell’altro. Per evidenziare che i rapporti tra Tito e Staiano sono tuttora solidi, la Procura porta sul tavolo del Riesame anche un rapporto della polizia giudiziaria effettuato nel maggio 2016. Gli ufficiali, in questo documento, confermano all’autorità giudiziaria che Staiano e Carmela Izzo, presidente della cooperativa San Michele anche lei indagata, avevano «ancora in corso servizi e/o lavori per conto del Comune di Meta o comunque sul territorio comunale».
Particolare attenzione la Procura rivolge anche all’appalto delle luminarie natalizie dove, secondo l’ufficio gip, sono scarni gli elementi per sostenere un’accusa di corruzione. Si tratta di un elemento cruciale che ha portato al diniego dell’esecuzione di misure cautelari. Eppure, nell’appello al Riesame, la vicenda degli addobbi montati in anticipo e smontati dopo una denuncia è un caso «sconcertante». Stando alle ipotesi della Procura, l’imprenditore Donnarumma della società Tecno service dispone di «radicata e rodata capacità di ottenere affidamenti pubblici in disprezzo delle procedure di gara».