La sua natura di leader era stata evidente già dal 1969 quando, di ritorno dal prestito alla Spal, fu subito schierato come titolare fisso. Beppe Chiappella nonostante la presenza di campioni affermati, lo nominò anche rigorista della squadra
Il titolo di “Baronetto di Posillipo” invece glielo conferì Antonio Ghirelli, uno degli intellettuali che si concedevano divagazioni sul calcio. Era il marzo del 71 e l’articolo del Corriere della Sera era la presentazione di un importante Inter-Napoli, decisa da un discusso rigore per i nerazzurri e da una “mezza papera” di Zoff. Era il Napoli dei “vecchietti” Altafini, Sormani, Bianchi, Hamrin e Panzanato, che arrivò terzo dietro Inter e Milan con molti rimpianti e recriminazioni
Nel 72, dopo lo “svecchiamento” della squadra il centrocampo fu affidato a “quattro napoletani”: ‘Totonno’ Juliano, Gianni Improta, Salvatore ‘Ciccio’ Esposito e ‘Sivorino’ Abbondanza.
Nel 73 con l’arrivo di Vinicio sulla panchina del Napoli, per Improta, definito dal tecnico come “ il nostro Corso”, sembrava prospettarsi l’occasione buona per una definitiva consacrazione. Due settimane dopo, Giovanni Improta veniva ceduto alla Sampdoria. In molti sostengono che più del parere del tecnico, abbia pesato, e non poco, l’ostilità di Antonio Juliano che vedeva in Improta non solo un pericoloso contendete alla leadership della squadra, ma anche un suo ingombrante “doppione”.
Una parte della tifoseria contestò animatamente la sua cessione ai Doriani. Ci furono tafferugli con la Polizia. Un cartello dei contestatori recitava «Si può vendere il Vesuvio ma Improta no».
Fosse rimasto a Napoli nel biennio 73-75 (quello del Napoli olandese di Vinicio) forse le sorti partenopee avrebbero avuto esiti più fausti. Invece prevalse la necessità di eliminare un evidente dualismo e forse si premiò il meno talentuoso dei due.
Improta è stato un giocatore tecnicamente superiore alla media ma, come tutti i virtuosi del gioco, fu anche poco incline al sacrificio e alla disponibilità tattica. Elegante in campo e difficile nei rapporti con compagni di squadra e dirigenti. Il ragazzo di Posillipo definito “Gianni il Bello” da tutte le tifose partenopee, ha lasciato tracce del suo talento anche a Catanzaro e Lecce, divenendo sempre un protagonista imprescindibile.
Nonostante i dissapori, Juliano è stato il testimone di nozze di Gianni Improta.