Quell’avviso di garanzia gli tagliò le gambe nella corsa alla promozione, da molti data per certa, a comandante generale della guardia di finanza. «Sicuramente l’indagine non mi ha agevolato così come hanno influito i tempi biblici del sistema giustizia» sussurra Vito Bardi appena viene a sapere che l’inchiesta della Procura di Napoli in cui fu coinvolto nell’estate 2014 è stata archiviata. «Ho sempre riposto fiducia nella magistratura e nella mia coscienza – evidenzia l’alto ufficiale -, resta l’amaro in bocca per non essere mai stato sentito». Su Bardi gravavano ombre che oggi sfumano via una volta per tutte. Nativo di Potenza ma trapiantato a Napoli e molto conosciuto a Sorrento, il generale – all’epoca numero due delle fiamme gialle – venne tirato in ballo in un’inchiesta su un presunto giro di corruzione e agevolazioni nelle verifiche fiscali a carico di alcuni imprenditori. Un castello accusatorio che si è sbriciolato.
L’archiviazione
La bufera scoppiò nel giugno 2014. Accuse pesanti quelle mosse dai pubblici ministeri Vincenzo Piscitelli, Henry Woodcock e Celeste Carrano che, a due anni dalla tempesta giudiziaria, hanno stralciato la posizione di Bardi chiedendo e ottenendo dal gip del Tribunale di Napoli Tommaso Miranda l’emissione del decreto di archiviazione. Motivo? «L’insussistenza di ogni ipotesi di illecito nella condotta del generale e l’infondatezza di elementi idonei a mantenere le ipotesi investigative» rilanciano le agenzie di stampa.
«Tempi biblici»
Bardi subì una perquisizione del suo ufficio del comando generale della finanza di Roma e si vide precludere qualsiasi possibilità per incarichi prestigiosi. Si proclamò subito innocente. «Sono estraneo a qualsiasi addebito» disse all’epoca. Poi andò in pensione dopo quasi 50 anni di onorata carriera e un’altra inchiesta terminata con un proscioglimento. Era quella sulla P4 – condotta sempre dalla Procura di Napoli – in cui vennero indagati pure l’ex magistrato Alfonso Papa e il faccendiere Luigi Bisignani. Difeso dagli avvocati Vincenzo Siniscalchi e Gaetano Balice, adesso Bardi può abbozzare un sorriso: «Le indagini non sono mai state un peso, sapevo di essere pulito e di aver onorato i miei doveri di ufficiale – dice il generale -. Purtroppo nel nostro Paese abbiamo a che fare con tempi lunghissimi, ciò influisce sulle vicende personali e professionali di chi risulta indagato. Spiace che quest’inchiesta sia finita con un’archiviazione senza avermi concesso la possibilità di essere sentito. Ma il nostro ordinamento lo prevede e lo accetto. Sia chiaro, quest’indagine non l’ho vissuta benissimo, ma è stato fondamentale sentire l’affetto di familiari, amici, conoscenti e colleghi. Avere pazienza è cruciale. E’ il trionfo della verità».
Carriera stroncata
Bardi deve convivere con un rammarico: fu indagato nei giorni in cui era a un passo dal comando generale. «Dovremmo essere tutti più cauti – chiosa il generale -, io ho subìto danni mediatici e personali. E alla fine vengo archiviato. Dopo una vita spesa al servizio della patria e della divisa prendo atto che certe ferite non si rimarginano. Anche se rifarei tutto».