Mare nero nel bel mezzo dell’arenile stabiese. Dimenticate le ‘bionde trecce’ o le ‘calzette rosse’ cantate da Lucio Battisti ché in questa storia di romantico non c’è un bel niente. C’è molto, invece, di concreto inquinamento della costa stabiese. Con buona pace di quanti quest’estate hanno avuto l’ardire di scegliere proprio l’arenile che costeggia la rinnovata villa comunale per rilassarsi prendendo il sole o, addirittura, fare il bagno proprio lì, nonostante il divieto di balneazione che vige da decenni. Mare nero Mare nero a dispetto di qualsiasi buon ausipicio di recuperare in tempi ragionevoli la piena balneabilità dell’intera costa stabiese, tratto dell’arenile della villa comunale compreso, dopo il completamento delle opere di collettamento fognario e di depurazione. Da un paio di giorni il mare è nero, nel senso letterale del termine, con sfumature assai poco incoraggianti di grigio, all’altezza del rivo San Marco, quello che sfocia, per intenderci, nei pressi dell’hotel Miramare. Situazione denunciata dal circolo Legambiente “Woodwardia”. Quel rivo, come gli altri sei che sfociano nel mare di Castellammare, raccoglie quanto arriva dai torrenti che attraversano il comprensorio dei monti Lattari e, in particolare, il Vernotico. Trasportando, ovviamente, tutto quello che vi si trova dentro, rifiuti compresi. Il problema, insomma, anche stavolta è a monte. A fine giugno il mare assunse un colore rossastro a causa dei liquami che gli allevatori dei monti Lattari sono soliti scaricare abusivamente nei torrenti, che arrivano puntualmente a mare, approfittando di qualche pioggia estiva. Ma ora che la siccità dura da settimane, come tristemente dimostra la lunga durata degli incendi sui Lattari, cosa è successo? Cosa arriva in mare e non dovrebbe? Reflui fognari Con tutta probabilità si tratta dei reflui fognari non correttamente incanalati nel depuratore a causa dell’ostruzione della griglia che filtra quanto arriva alle pompe di sollevamento. In pratica all’altezza della curva che congiunge corso Alcide De
Gasperi e corso Garibaldi c’è l’impianto di sollevamento che dirotta le acque che vengono dai Lattari nella rete fognaria. Le pompe sono protette da una griglia che filtra l’acqua e blocca i rifiuti più grandi. Lì arriva di tutto: bottiglie di plastica, pneumatici, rifiuti ingombranti, addirittura elettrodomestici abbandonati.
Tutto quello che viene sversato abusivamente a monte ce lo si ritrova a valle. Rendendo talvolta inefficaci le operazioni di pulizia della griglia, periodicamente effettuate dalla Gori che gestisce l’impianto. I reflui, dunque, trovandosi davanti una barriera di rifiuti al posto di una griglia che dovrebbe farli filtrare verso
Castellammare Gli sversamenti abusivi dai Lattari bloccano l’impianto di depurazione I reflui fognari dal rivo finiscono direttamente lungo la costa
Il report Goletta Verde ha evidenziato il problema mancata depurazione Cariche batteriche ben oltre le soglie consentite dalla legge
Poco più di un mese fa Legambiente aveva diffuso i dati sulle acque della Campania raccolti da Goletta Verde nel suo viaggio in tutta Italia. E come al solito quella della Campania era una fotografia a tinte fosche, con le coste che continuano a subire la minaccia della mancata depurazione: su trenta punti monitorati sedici presentavano cariche batteriche elevate. Nel mirino ci sono sempre canali, foci di fiumi e torrenti che continuano a riversare in mare scarichi non adeguatamente depurati. Proprio come nel caso della foce del fiume Sarno e del rivo San Marco a Castellammare. Tutte situazioni ben note, che in alcuni casi raggiungono record assoluti: è da otto anni consecutivi, ad esempio, che Legambiente assegna il giudizio di fortemente inquinato alla foce del fiume Irno a Salerno, del
Torrente Savone a Mondragone, del fiume Sarno e dello sbocco del canale di Licola a Pozzuoli. Stando ai dati del dossier Mare Monstrum 2017, a guidare la classifica nazionale del mare illegale è proprio la Campania con il più alto numero di infrazioni accertate: 2.594 reati, il 16,5% del totale. Un primo posto che vale anche per il numero di persone denunciate o arrestate, 2.912, e per sequestri, 839, e che occupa stabilmente da diversi anni. Nel bilancio finale del viaggio di Goletta Verde lungo i 7.412 chilometri di costa italiana, su 260 punti campionati sono 105 – pari al 40% – i campioni di acqua analizzata risultati inquinati con cariche batteriche al di sopra dei limiti di legge. Si tratta di quei punti che sono risultati inquinati mediamente negli ultimi 5 anni
e che si concentrano soprattutto nel Lazio (8), in Calabria (7), in Campania e Sicilia (5). «È ormai tempo di passare dalle parole ai fatti – spiega Michele Buonomo, presidente di Legambiente Campania -. Ogni anno, purtroppo, il viaggio di Goletta Verde in Campania racconta della bellezza e dell’inferno e delle grandi contraddizioni di questa regione. Noi, nonostante questo, continuiamo a credere e lottare per quella Campania virtuosa, quella che già puntando su innovazione, bellezza e sostenibilità come dimostrano i dati della nostra Guida Blu. Tutto ciò però non basta più. La Regione Campania ha di fronte una sfida che non può perdere se davvero si vuole immaginare uno sviluppo diverso per questo territorio sia dal punto di vista ambientale che economico e culturale».
CRONACA
1 settembre 2017
Castellammare. Rifiuti nel San Marco Disastro sull’arenile: il mare diventa nero