La terra tremò per 90 secondi alle 19.34 minuti di quel 23 novembre 1980. Da allora, in Irpinia e in molti Comuni della Campania, niente fu più compe prima: 2.914 morti, 8.848 feriti, 280.000 sfollati. Il sisma colpì al cuore la Campania e mise in ginocchio anche la zona confinante della Basilicata. Dall’Irpinia al Vulture. Magnitudo di 6.8 (cioè decimo grado della scala Mercalli) con epicentro tra i Comuni di Teora, Castelnuovo di Conza, e Conza della Campania. Una domenica maledetta. Molte lesioni e crolli avvennero anche a Napoli e in provincia, crollaronop molti edifici già fatiscenti. Quasi 700 città subirono danni e le province maggiormente colpite furono Avellino (103 comuni), Salerno (66) e Potenza (45). L’entità drammatica del sisma fu compresa soltanto a notte inoltrata. Da una prospezione effettuata nella mattinata del 24 novembre tramite un elicottero vennero rilevate le reali dimensioni del disastro. Il presidente Sandro Pertini arrivò sulle macerie per far sentire la sua vicinanza alla gente. Di ritorno dall’Irpinia, in un discorso in televisione rivolto agli italiani denunciò con forza il ritardo e le inadempienze dei soccorsi, che sarebbero arrivati in tutte le zone colpite solo dopo cinque giorni. «Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi». Le parole di Pertinio mobilitarono un gran numero di volontari che in seguito fu pubblicamente riconosciuta anche con una cerimonia a loro dedicata in Campidoglio, a Roma. Scandaloso, oltre ai ritardi, anche quello che avvenne (e ancora avviene) dopo, con fimi di denaro sperperati sfruttando il tema della ricostruzione
CRONACA
23 novembre 2017
La terra tremò per 90 secondi Fu l’apocalisse