L’errore dei giudici ci fu: scrissero di intercettazioni fatte in carcere, quando invece erano state captate al San Leonardo quando la vittima ricoverata fece il nome di chi gli sparò, senza poi ripeterlo ne’ alla polizia ne’ al processo. Ma nonostante questo, quelle intercettazioni sono ritenute pienamente utilizzabili: confermata la condanna a nove anni e mezzo di carcere incassata in Appello. Caso chiuso per Vincenzo Di Somma, figlio 28enne del più noto Raffaele ‘o ninnillo boss del centro antico detenuto almeno da una dozzina d’anni, che in quell’errore di fatto aveva visto aprirsi uno spiraglio rispetto alla condanna incassata per il tentato omicidio di Nunzio Girace, cognato di Michele D’Alessandro (di Luigi) pezzo da novanta del clan di Scanzano, storicamente insidiato da quelli di Santa Caterina.
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso straordinario presentato dal suo difensore, l’avvocato Antonio de Martino, pur ritenendolo ammissibile e riconoscendo l’errore di fatto contenuto nella sentenza della Corte d’Appello, poi ribadito nel primo verdetto della Cassazione sul caso.