Il lanciafiamme di Matteo Renzi si è inceppato. E lo ammette anche lui: «Non lo abbiamo usato, è vero. Però qualche elemento di novità notevole nel Pd c’è stato». Assolutamente sì. Uno si chiama Piero. Piero De Luca. Ovviamente è il figlio di Vincenzo, che aveva giurato di non voler interessarsi delle Politiche per continuare a rivoltare la Regione come un calzino. Le voci di corridoio raccontano di una scelta sofferta. L’ex premier ha messo sul piatto «pro» e «contro» e alla fine ha scelto. Da una parte i voti dello sceriffo, dall’altra il fianco scoperto alle critiche degli avversari. Alle quattro del mattino di sabato ha prevalso la necessità di non perdere preferenze nel regno di De Luca, ossigeno per un partito che deve risalire la china tra mille difficoltà. Candidatura ingoiata, quindi: il figlio del governatore correrà a Salerno per diventare parlamentare a 37 anni mentre suo padre già si frega le mani. E di ragioni ne ha un bel po’, il governatore. Piero, certo. Ma anche Franco Alfieri, l’eterno sindaco di Agropoli, che ha miracolosamente superato indenne la bufera delle “fritture di pesce” dell’Hotel Ramada e ha strappato il collegio di riferimento. Anche qui era impossibile usare il lanciafiamme. Restando al capitolo novità forse ce ne sono due che Renzi può sventolare provando a nascondere le promesse mancate. Una è Paolo Siani a Napoli (davanti a Stefania Covello, deputata cosentina e figlia di un ex senatore della Dc), l’altra è Giuseppe Pellegrino a Giugliano, fratello di Giancarlo il primo, avvocato che piace da morire a Raffaele Cantone il secondo. Il resto è roba trita e ritrita in Campania. Anzi, tutti quelli che avevano fallito la campagna elettorale consegnando Palazzo San Giacomo a de Magistris sono tutti lì, in prima fila. La segretaria regionale Maria Assunta Tartaglione, che compare in tre collegi plurinominali (Giugliano, Portici e Benevento), Valeria Valente dietro a Renzi e davanti a Massimiliano Manfredi nel collegio napoletano per il Senato, Gennaro Migliore nel plurinominale di Giugliano, e Raffaele Topo, consigliere regionale “smistato” nel collegio di Torre del Greco grazie all’alleanza con la collega d’aula Loredana Raia, legata a doppio filo al vicesegretario Lorenzo Guerini. Nella stessa lista ci sono anche i riempitivi Emilio Di Mazio e Clelia Gorga mastica amaro invece Mario Casillo, che Tartaglione a parte, nei suoi feudi è riuscito a strappare soltanto qualche soddisfazione: la candidatura di Franco Manniello al Senato (nel colleggio uninominale di Napoli e Salerno) e Silvana Somma alla Camera nell’uninominale di Castellammare, segretaria cittadina di Gragnano e già due volte sconfitta alle elezioni comunali. A proposito di collegi uninominali: scontata la candidatura di Giuseppe De Mita ad Avellino, meno quelle di Teresa Armato a Torre del Greco, Leonardo Impegno in uno dei quattro collegi napoletani e Francesco Borrelli a Portici. Nell’aria quelle di Rosetta D’Amelio, presidente del consiglio regionale (Ariano Irpino), e dei consiglieri Antonio Marciano e Nicola Marrazzo. Il primo a Napoli, per il senato, il secondo a Casoria, per la Camera. Ripescati in extremis sia Gianni Pittella che Gioacchino Alfano. L’eurodeputato guida la lista del plurinominale di Napoli e Salerno al Senato (davanti ad Angela Saggese ed Enzo Amendola). Il sottosegretario alla difesa uscente, espressione di Alternativa Popolare, invece ha strappato la candidatura a Palazzo Madama nel collegio uninominale di Napoli San Carlo all’Arena. Capitolo ministri. Renzi ha scelto il titolare degli interni, Marco Minniti, per rastrellare voti nel plurinominale di Salerno alla Camera ha cancellato invece il nome di Claudio De Vincenti, ministro per il Mezzogiorno. Ufficialmente, a detta di Renzi, ha rifiutato la candidatura per un’incomprensione, in realtà è successo qualcosa alle quattro del mattino di ieri, quando le candidature in Campania hanno preso corpo sulla scrivania del segretario nazionale. La brillante operazione Bagnoli e il patto per la Campania non sono bastati a De Vincenti per avere un posto nel collegio dove era dato per sicuro fino all’ultimo minuto. «E’ una squadra vincente», ha detto Renzi ieri sera. «Non sottovalutate la forza di questo Pd». Renzi non ha rottamato il partito napoletano però ai suoi ha confessato di non sentirsi del tutto sconfitto, pur avendo ceduto a De Luca e in parte ai capibastone. Ha calato un bel po’ di nomi dall’alto e ha riabilitato politicamente Stefano Graziano, presidente regionale del partito, capolista al Senato nel collegio di Caserta, Avellino, Benevento, travolto e uscito indenne da un’indagine su clan e politica
politica
28 gennaio 2018
L’inchino Pd a De Luca. Renzi incorona Piero