Siamo stati il Paese calcistico trainante della rivoluzione. Combattuta per anni da Aldo Biscardi, che ha fatto appena in tempo a godere di quella battaglia lunga trent’anni, prima di volare a miglior vita. La moviola in campo, o qualcosa del genere, dopo il gol-non-gol. Gli unici al mondo, insieme alla Bundesliga e alla Eredivise: a marzo potrebbe anche giungere l’ufficialità del suo utilizzo nei Campionati del Mondo in Russia. Eppure, dopo un inizio scoppiettante, si è tornati alle feroci polemiche di un tempo che sembrava ormai essere alle spalle.
I motivi per cui ci siano ancora, nonostante l’introduzione della tecnologia che ha cambiato il calcio, vanno ricondotte ai metodi del suo utilizzo. Quando è chiamata in causa, da chi, quali sono le persone coinvolte nel giudizio e perché capita di non vedere l’arbitro in prima persona ad analizzare il misfatto. Tutto questo ha portato, soprattutto nell’ultima giornata di Serie A, alle feroci polemiche sui campi di Napoli, Crotone e Milano. Dal rigore generoso a Callejon, all’inesistente fuorigioco che ha negato ai calabresi la gioia del meritato gol al novantesimo, fino al clamoroso gol di braccio del giovane Cutrone.
Cosa è cambiato nelle ultime giornate? “A pensar male si fa peccato, ma certe volte ci si azzecca”. Gli arbitri probabilmente si sono resi conto di quanto la loro centralità sia venuta meno nell’ultimo periodo, per lasciar spazio alla tecnologia sempre più protagonista. Un effetto inconscio, chiamiamolo così, che ha portato gli arbitri nelle ultime settimane a prendere decisioni controverse, anche a dispetto di quanto mostrato dal supporto televisivo. E così, come ovvio che fosse, sono rispuntate le polemiche e le chiacchiere da bar che miracolosamente l’avvento della Var era riuscito a portar via.
L’ex arbitro Luca Marelli non la pensa così, ricordando in una recente intervista ai microfoni di Sports Bwin quanto sia stata decisiva la tecnologia in questi mesi e i numeri non mentono: “Il VAR è contestato da una minoritaria percentuale di tifosi ed addetti ai lavori per partito preso. I risultati oggettivi sono eccezionali: una decina di errori su oltre mille episodi sottoposti a check, 50 episodi valutati in modo errato e modificati con l’utilizzo della tecnologia”.
Ciò nonostante qualcosa è cambiato e l’ambiente comincia a latitare circa la valenza effettiva del Var. Lo stesso Marelli da questo punto di vista ha degli aspetti da mettere in evidenza: “Se mi chiedessero cosa modificare nella strutturazione del VAR, rispondo convintamente che il protocollo andrebbe modificato in merito alla dizione di ‘chiaro’ errore. A mio parere, la scelta dovrebbe ricadere su una dizione più corretta di ‘possibile errore’, che lascerebbe un maggior margine decisionale all’arbitro centrale, oggi troppo vincolato ad un intervento dei VAR sulla base di un errore già qualificato come ‘chiaro’”.
Un concetto piuttosto chiaro, che se applicato alla lettera riporterebbe al centro della direzione di gara la figura dell’arbitro senza sminuire l’apporto tecnologico senza dubbio positivo portato dal Var dall’inizio di questa stagione. Un compromesso logico adeguato ad un contesto che aveva finalmente intrapreso la strada giusta, scevra da polemiche fuori e dentro il campo di gioco.