Dire che Giotto ha soggiornato e lavorato in penisola sorrentina suona come una fake news. E’ possibile affermare, invece, che si può godere di uno straordinario, unico e bellissimo ciclo di pitture di scuola giottesca, dopo essersi recati a Massaquano, la più antica frazione di Vico Equense, a visitare l’affascinante cappella dedicata a Santa Lucia, protettrice della vista. Già, proprio la vista, in perfetta efficienza, è lo strumento che occorre per questa esperienza che possiamo definire immersiva, anche senza dover indossare tecnologie di realtà aumentata.
Qui, nell’antica “Massae Aequanae” si sale a bordo della macchina del tempo e si indossano visori hitech in 3d, appena si percorrono alcune stradine medioevali che conducono sotto un’ampia arcata e si entra nella piccola e alta cappella. Si è avvolti da scene fantastiche, architetture geniali, figure che appaiono strane, angeli, santi, storie della cristianità. Una meraviglia. Qui non è da invasati immaginare che Giotto e i suoi allievi sono alle nostre spalle a compiacersi dello stupore che hanno innescato anche in noi dopo tanti secoli dal 1385.
Questa, però, non è una storia di successo di quelle che immagini possano esaltare la comunità locale e renderla fiera e orgogliosa di conservare e mostrare il proprio rarissimo patrimonio culturale di straordinario valore storico e artistico. Questa meraviglia è praticamente sconosciuta finanche alla maggioranza degli abitanti che vivono intorno al tesoro ed è visitata solo occasionalmente da qualche curioso o rarissimo turista dei tantissimi che vengono in penisola sorrentina.
Eppure la storia della scoperta ha tutti gli elementi per essere definita una buona pratica per salvare il patrimonio culturale diffuso in angoli spesso remoti d’Italia, con l’esclusivo impegno della comunità locale: senza contributi pubblici di alcun genere. La si deve ad un sacerdote, Antonio Guida, che è stato per tanti anni parroco di Massaquano. Ora è in pensione e vive sopra “il suo tesoro”. Forse ha fatto un patto con Giotto, il pittore che ha operato nel trecento e che è certamente l’artista italiano più amato nel mondo. Si propose di svelare a tutti il tesoro che era certo abitasse nella sua parrocchia, in una cappella vicino alla chiesa principale dove esercitava la propria missione sacerdotale. Ebbi il piacere di conoscerlo e spiegargli, aiutandolo concretamente, cosa doveva fare senza aspettare la chimera di un aiuto dello Stato. Concreto, intelligente, grande uomo di cultura, parti alla scoperta del tesoro, finanziando personalmente e con l’aiuto di benefattori, quella che si dimostrò la grande scoperta dell’arte italiana. Oggi che è il “custode della bellezza” che illustra a chi vuole capirla è deluso per il fatto di “essere rimasto solo a doversi prendere cura delle pitture della Dormitio Virginis di scuola giottesca”. Però ha le idee chiare per migliorare la situazione di abbandono ed anche del degrado che sembra avanzare. “Si deve divulgare e il Comune dovrebbe farlo – spiega don Antonio – e poi si deve custodire, proteggere la bellezza”. Conclude allarmato: ”Ho paura dell’umidità che avanza e che può corrompere gli affreschi rimasti. Stavo pensando di invitare la soprintendenza a valutare come stanno gli affreschi, spero che mi ascoltino”.