Dalle telefonate anonime ai raid dinamitardi davanti all’abitazione della vittima. Dai ricatti per incassare i soldi utili a un finto aborto, passando per i falsi carabinieri protagonisti della truffa. In mezzo una vicenda assurda, fatta di camorristi fasulli e maxi-multe da pagare per non finire in carcere.
E’ una storia surreale e per certi versi tragicomica quella raccontata, ieri mattina davanti ai giudici del tribunale di Torre Annunziata, da un imprenditore di Gragnano. Davanti al collegio presieduto dal giudice Maria Laura Ciollaro, la vittima ha provato – con grande fatica – a raccontare la sua verità nel processo che vede alla sbarra 4 persone. Si tratta di Aniello Rea 50 anni, sua moglie Antonietta Rosanova, 47enne (entrambi di Gragnano) Raffaella Annunziata e Francesco Tammaro Squillante, tutti e due 46enni e tutti e due residenti a Sarno. Le accuse, a vario titolo, sono di estorsione e truffa. In ballo ci sarebbe un raggiro clamoroso. Gli imputati, attraverso una serie di sceneggiate e ricatti, avrebbero scucito all’imprenditore di Gragnano – secondo la Procura – la bellezza di 60.000 euro complessivi. Il tutto sfruttando l’ingenuità – tanto per usare un eufemismo – della vittima della truffa.
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