“Invece di fare polemiche, dovremmo sentirci solo onorati se nasce un Museo della pizza a New York”. Per Ciro Casella l’orgoglio dell’arte dei pizzaioli napoletani non si misura né con la residenza, né con l’esclusiva. Salernitano e proprietario della pizzeria San Matteo, la preferita del sindaco di New York, Bill De Blasio, è emigrato dieci anni fa nella Grande Mela. “E’ un’arte – spiega – e come tale l’orgoglio sta nel trasmetterla e nel diffonderla. Che sia un cinese o un napoletano, non è questo quello che conta. La pizza non è chi la fa. Stesso discorso vale per il Museo, se a Manhattan, così come a Milano si vuole raccontare la storia della pizza ben venga, perché dovrebbe spettare solo a Napoli e ai napoletani?”. Tempra di ferro e di chi a quarant’anni si è ritrovato senza lavoro, con due figli e con l’unica prospettiva della cassa integrazione, Ciro è uno che se gli chiedi qual è la stata la sua più grande soddisfazione, da quando sforna pizze e panuozzi nell’Upper East Side, ti risponde: “Che anche l’altra mia figlia ha deciso finalmente di raggiungermi e starà qui con me”. Uno che non si è montato la testa nonostante abbia conquistato quest’anno l’ennesimo riconoscimento con il premio di miglior ristorante italiano di Manhattan nella trasmissione di Canale Nove “Little Big Italy”. Ciro ha le tradizioni nel sangue e in quel nome scelto per il locale: San Matteo è il patrono di Salerno. Una delle sue pizze più famose si chiama “Minala” dedicata al gol del centrocampista in occasione del derby con l’Avellino al 96esimo minuto. “La verità – dice – è che siamo un passo indietro. Gli americani hanno avuto un’idea prima di noi e che facciamo? Ce la prendiamo con loro, li critichiamo e diciamo che non possono farla. Quando tra l’altro nulla ci impedisce di realizzare anche un nostro Museo della pizza”. Schiettezza e praticità di chi si è rimboccato le maniche, ma anche ancora la commozione nella voce quando ricorda quel giorno in cui De Blasio citò la sua pizzeria in un’intervista su Fox News. “Grande emozione. Così come grande fu l’orgoglio appena appresa la notizia del riconoscimento Unesco: perché la pizza, ricordiamocelo sempre, è patrimonio dell’umanità”.
Marina Cappitti