Già ferito a morte da incendi dolosi e abusi edilizi. Tenuto in ostaggio per mesi dall’incubo delle frane. E ora, tanto per non farsi mancare proprio niente, finito pure nel mirino dei narcos di montagna che quassù, a 1.200 metri d’altezza, coltivano tranquillamente tonnellate di cannabis. Il Faito, insomma, rischiava di diventare un’altra mini-Giamaica del Sud perché l’altra vera capitale dell’erba, quella dei monti Lattari, precisamente quella allestita nelle gole tra Casola e Gragnano, è già stata smantellata con operazioni chirurgiche messe a segno nel giro degli ultimi dieci anni. La storia è ormai nota: il mercato della droga non si ferma mai, neppure per un istante. Girano parecchi soldi che nutrono la camorra e alimentano gli affiliati alle cosche, l’affare rende perché la domanda è sempre altissima e dunque ai clan serve costantemente una valanga di marijuana. In questo lembo di terra, non è una coincidenza, c’è da sempre la longa manus della famiglia Di Martino. Un clan che detta legge nel settore e che proprio nella marijuana fonda il core business di un giro costantemente attaccato dall’Antimafia. D’altronde quella made in Faito, dicono gli investigatori, è “roba” di grossa qualità. Piace molto ai clienti di tutta la zona stabiese e sorrentina, compresi i vip e i cultori della movida. Che ora, sempre se vorranno proseguire ad assumere stupefacenti, dovranno esplorare altri canali di approvvigionamento perché il sequestro-record firmato dai carabinieri stronca il sistema e soffoca la vendita al dettaglio. Magari, facendo lievitare pure i prezzi di chi ora tenta di inserirsi nelle dinamiche fuorilegge vista la possibile vacatio di materia prima prodotta sul posto.
Il sequestro
Di coltivazioni, anzi, di vere e proprie piantagioni ne hanno scoperte 11 con oltre 2.000 piante. Per essere precisi, 2.030: alcune avevano raggiunto un’altezza di quasi due metri ed erano in piena fioritura. I carabinieri della compagnia di Sorrento hanno colpito al cuore della filiera illecita. Una coltellata, si spera, ferale. E lo hanno fatto al momento giusto: da qui a qualche giorno ci sarebbe stato il raccolto con il principio attivo delle piantine già oltre i livelli di guardia. Attendere ancora avrebbe procurato un danno investigativo enorme. Parliamo di soldi: il sequestro è clamoroso. E non solo perché è il primo, negli ultimi tempi, avvenuto in penisola sorrentina. Da quelle piante, secondo gli inquirenti, si sarebbero potuti ricavare almeno una decina di milioni di euro, se non di più. Soldi freschi, in contanti, che in un istante sono andati in fumo così come tutto il circuito realizzato, abusivamente, per irrigare quotidianamente le coltivazioni. Cruciale il coordinamento da terra e dall’alto. Proprio grazie al supporto aereo dei colleghi del settimo elinucleo di Pontecagnano, gli uomini diretti dal capitano Marco La Rovere hanno potuto scoprire pure grosse cisterne blu allacciate a pompe idrauliche, tubi di gomma e canalette che portavano l’acqua alle piantagioni.
Le indagini
Divisi in due squadre, i carabinieri hanno perlustrato il Faito sul versante di Vico Equense. Riflettori accesi a cominciare da una località: Castanito. I militari sono piombati in zone cieche della montagna, hanno percorso sentieri, si sono imbattuti in coni d’ombra con vegetazione impervia e telefonini in tilt. Una sorta di “inferno verde”, un percorso pieno di insidie, che è stato vinto grazie a cartine geografiche al dettaglio e qualche militare che conosce profondamente il Faito. Come tradizione, la zona scelta dai narcos è tutta demaniale. Un modo come un altro per scongiurare rischi ed evitare di poter lasciare tracce credibili e pericolose. Scontato che le indagini continueranno per risalire a chi si è materialmente occupato del compito di curare le coltivazioni e, ovviamente, a chi ha “commissionato” la realizzazione della maxi piantagione. Sembrano da escludere eventuali legami con gli incendi di un’estate fa. Chi mette a crescere cannabis aveva e tuttora ha interesse affinché non ci siano troppe attenzioni sulla montagna. Nota interessante: il sequestro conferma implicitamente una delle ipotesi già rilanciate mesi fa dopo l’operazione “Tabula rasa” condotta sui Lattari. La camorra cerca nuove location dove poter allestire le piantagioni, si sposta rapidamente appena sente puzza di bruciato. Ora sta lasciando l’area stabiese e si avvicina, passo dopo passo, inchiesta dopo inchiesta, alla penisola sorrentina.
Salvatore Dare