Il business delle mazzette in tribunale non è un affare che si limita al recinto dell’inchiesta che giovedì mattina ha travolto giudici, avvocati, consulenti e medici. Ma è solo il primo atto di un’indagine più ampia che potrebbe allargarsi a macchia d’olio. Un’indagine che potrebbe svelare i misteri di quel sottobosco di corruzione e loschi affari che si nasconde nelle aule di tribunale del circondario di Torre Annunziata. Un retroscena ribadito, nemmeno tanto velatamente, dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma, Costantino De Rebbio nelle oltre 300 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato 18 persone in carcere e 5 ai domiciliari. Lo ripetono gli stessi indagati, in alcuni passaggi delle intercettazioni ambientali disposte nell’ambito dell’inchiesta. Il sospetto che ci siano altre “mele marce” nel sistema della giustizia a Torre Annunziata è un dato drammatico che viene però dato quasi per assodato dal gip.Nell’ordinanza, infatti, si fa più volte riferimento ad ulteriori accertamenti da eseguire per identificare alcuni dei protagonisti dei presunti scambi di mazzette avvenuti nello studio legale di Antonio Iannello, il giudice di pace ritenuto il perno principale del sistema criminale ritratto dalla Procura di Roma. Persone non identificate che avrebbero corrisposto al giudice cospicue somme di denaro per ottenere nomine o per aggiustare i processi sugli incidenti stradali. Ma non è l’unico dato a lasciare intendere nuove indagini sul sistema delle mazzette nel palazzo di giustizia. Nel mirino centinaia di cause sospette per sinistri stradali «che in questa sede non sono tenuti in considerazione necessitando ulteriore attività investigativa», si legge nell’ordinanza.In un passaggio del provvedimento cautelare il gip parla chiaramente di un «sistema diffuso» facendo riferimento anche alle «condotte illecite analoghe tenute da altri giudici di pace e studi legali» non finiti nel calderone dell’inchiesta.Eloquente, in questo senso è una intercettazione che vede protagonista proprio Iannello. Il giudice di pace, commentando l’operato di un suo collega non indagato, afferma che quest’ultimo avrebbe incassato tangenti da periti e avvocati giustificandole, addirittura, con la vendita di alcune collanine. «Io lo sapevo perché l’ho visto vendere in udienza queste collane», afferma una collaboratrice di Iannello al giudice confermando la “voce” relativa alle tangenti mascherate. Secondo l’accusa questo giudice avrebbe rivenduto a peso d’oro collane e oggetti di scarso valore per mascherare le mazzette. Retroscena, indizi e sospetti che potrebbero scatenare un nuovo terremoto giudiziario. Inghiottendo nel fango altri giudici e avvocati. Professionisti affermati e operatori del diritto.
CRONACA
29 settembre 2018
Toghe sporche. L’intercettazione choc: «C’è un magistrato che incassa le tangenti vendendo collanine»