Dai palmari di ultima generazione utilizzati per concordare gli acquisti di droga senza essere intercettati passando per i viaggi in Sud America e a Montecarlo. Dagli accordi con i narcos dell’Ecuador alle precauzioni degli indagati per eludere i controlli delle forze dell’ordine. Sono alcuni dei misteri del sistema droga svelato durante l’udienza del processo ai presunti narcos di Torre Annunziata. In tutto 15 imputati accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Un processo che trae origine da una più ampia inchiesta che nei mesi scorsi è costata condanne per 150 anni di carcere agli altri imputati che hanno scelto il rito ordinario. Tra loro anche i Tamarisco, storica famiglia di Torre Annunziata considerata, dall’Antimafia, tra le principali dinastie attive nel campo dell’import-export di stupefacenti. Sotto la direzione di Bernardo Tamarisco, il gruppo – questa è l’accusa – avrebbe introdotto sul territorio italiano ingenti quantità di stupefacenti. Droga che sarebbe stata rivenduta ai referenti dei vari clan attivi sul territorio e poi smerciata nelle piazze di spaccio gestite, tra gli altri, anche dai camorristi.Nel corso del processo con rito ordinario che si celebra davanti ai giudici del tribunale di Torre Annunziata (collegio presieduto da Fernanda Iannone) ha testimoniato un investigatore che ha partecipato alle indagini. Incalzato dalle domande del pubblico ministero, l’uomo ha riannodato i fili dell’inchiesta, ricostruendo, nei dettagli, il presunto sistema criminale adottato dal gruppo dei narcos per la compra-vendita di partite di droga in Ecuador. Tra gli imputati, in questo processo, c’è anche Alfonso Fiorente, zio di Pasquale, il super narcos arrestato in Cile qualche anno fa che avrebbe gestito, in prima persona, le rotte internazionali dello spaccio di stupefacenti.
CRONACA, Torre Annunziata
30 settembre 2018
Torre Annunziata. Da Montecarlo a Torre, un maresciallo racconta tutti i viaggi dei narcos