Lo scandalo delle toghe sporche negli uffici del giudice di pace di Torre Annunziata rischia di travolgere anche altri magistrati. Oltre ad Antonio Iannello, ritenuto una delle figure chiave dell’inchiesta messa in moto dalla Procura di Roma, Paolo Formicola e Raffaele Ranieri (tutti arrestati giovedì scorso) dalle carte dell’inchiesta che fa tremare i “colletti bianchi” spuntano altri 3 giudici di pace. Tre magistrati, non coinvolti in questa vicenda, ma tirati in ballo dalle intercettazioni telefoniche e ambientali poste al centro dell’ordinanza cautelare che nei giorni scorsi ha portato all’arresto di 23 persone (18 in carcere e 5 ai domiciliari).
Ad accusare i tre giudici citati nell’ordinanza, sono le parole degli indagati. Tra cui lo stesso Antonio Iannello, il giudice di pace che avrebbe intascato tangenti per pilotare sia le sentenze che le nomine dei periti di parte nei processi sugli incidenti stradali. In una intercettazione si parla di un magistrato del circondario che venderebbe «collanine» in aula agli avvocati per mascherare il presunto giro di mazzette. Un caso “denunciato” dal giudice finito in carcere con l’accusa di corruzione in atti giudiziari. Da uno dei colloqui finiti al centro dell’inchiesta – colloquio che vede protagonista l’ex giudice di pace Iannello e uno dei consulenti coinvolti nell’indagine – il “giro” dei magistrati corrotti sarebbe più ampio rispetto al recinto delle indagini. Addirittura un giudice non indagato avrebbe, sempre secondo il racconto contenuto nelle intercettazioni ambientali, incassato la bellezza di 3000 euro per aggiustare una sentenza. «Sono arrivati anche a questo», le parole del consulente nel colloquio con Iannello. «Si è preso tremila euro per una sentenza, si dice», il pettegolezzo riferito dall’ex giudice di pace. Iannello, addirittura, arriva ad affermare che la presunta tangente sarebbe stata incassata direttamente in tribunale: «E’ stato detto che sì è preso da solo tremila euro per una sentenza e che se Ii è presi addirittura dentro al tribunale».