Conosce il mondo del giornalismo nelle sue pieghe più profonde. E’ stato direttore della redazione napoletana di Repubblica, de L’Espresso e de “Il Centro”, giornale marchigiano. Luigi Vicinanza, già responsabile dei giornali locali del gruppo Espresso, ha le idee chiare quando si parla di giornalismo, del ruolo nella società italiana e di libera informazione. “Purtroppo ci sono fakenews che si sono affermate nella mente dei nostri cittadini, perché sta passando l’idea che tutti i giornali godano di finanziamento pubblici: questo è un grande falso, dal momento che il finanziamento pubblico è riservato a un gruppo ben individuato di giornali e soprattutto cooperative tra cui Metropolis”. Allargare il campo anche ai grandi giornali, spesso come quelli piccoli invisi a qualche forza politica, secondo Vicinanza determina un corto circuito nella comprensione del fenomeno editoriale. “Quelli che anche sui social vengono definiti i “giornaloni” non prendono un centesimo di soldi pubblici, ma vivono con le vendite e con la pubblicità”. Secondo l’ex direttore de L’Espresso, inoltre, la guerra nei confronti della libera informazione si sta arricchendo di ulteriori contenuti. “Gira un’altra falsità: che sarebbe una forma di finanziamento pubblico la pubblicazione degli avvisi di gara che vengono proposti da parte degli enti pubblici. Chi sobilla la gente sui social parlando di finanziamento pubblico, ignora volutamente che quegli avvisi di gara non li paga l’ente pubblico appaltante ,ma il vincitore dell’appalto. Per cui per ogni cittadino quel bando è una forma di trasparenza sulla spesa pubblica, un necessario atto di democrazia”. Sicuramente anche la stampa deve fare i suoi mea culpa: ma nel corso degli anni l’aggressività nei confronti dei giornalisti ha raggiunto livelli molto pericolosi. La pensa così Vicinanza che spiega: “Io dico che è stato un grande errore il fatto che nel corso degli ultimi 20-25 anni abbiamo dato l’impressione che ci fossero giornalisti militanti di sinistra e di destra, magari plasticamente schierati in trasmissioni televisive, con parlamentari e giornalisti seduti su poltrone ai lati dei politici. Da un lato ha trasformato il ruolo del giornalisti in militanza frutto del bipolarismo incarognito, però almeno si capiva quale fosse il pluralismo dell’informazione, più voci e tutte le voci: anche quelle distanti”. Difende la scelta dello Stato di contribuire ai costi dei piccoli giornali, soprattutto quelli che coprono un territorio: “Il finanziamento pubblico è destinato ai giornali piccoli, quelli che senza rischierebbero di non sopravviere. Il caso di Metropolis è emblematico: incardinato in città non capoluogo che senza un supporto, un aiuto non riuscirebbe a raccontare le storie e l’identità di quelle città” spiega l’ex direttore dell’Espresso. Che difende il valore culturale della stampa libera. “Quando sento dire che un giornale è come un negozio e se non va bene si chiude, mi vengono i brividi: il prodotto informativo è vicino al prodotto culturale. E’ immateriale e dunque non vendiamo mozzarelle o bulloni. Sapere che in un territorio esiste una voce a cui mi posso rivolgere è garanzia di libertà e di accrescimento della democrazia”, conclude Gigi Vicinanza.
CRONACA, metropolis
26 ottobre 2018
Luigi Vicinanza: «Giornali come negozi. Il parallelo dà i brividi»