Mi chiamo Andrea Ripa, ho 28 anni e per anni sono stato un giornalista fantasma. Per troppo tempo ho rincorso un sogno chiamato contratto, che oggi, a causa della proposta per i tagli all’editoria, rischia di diventare cartastraccia. Quel sogno è diventato realtà grazie a un’azienda che ha creduto in me, quando nessuno lo ha fatto. Non senza sacrifici, sia chiaro.Il ministro Di Maio mi definisce «casta», ma dov’era quando giravo come una trattola per i campi di calcio, quando fotografavo le discariche della nostra terra, quando sposavo la causa di una famiglia che non sapeva neppure dove dormire. Dov’era quando i cittadini di un territorio martoriato per anni da cattive amministrazioni, molto delle quali coinvolte con la camorra, invocavano disperatamente l’aiuto di Metropolis. Ecco, mi chiedo dov’era prima che arrivasse a dichiarare tagli all’editoria, annunciando battaglie contro i “poteri forti” di un mondo che forse neanche conosce. Ho sempre lavorato in nome della verità, schierandomi dalla parte dei più deboli. Provando a dare voce agli ultimi. Perché fare giornalismo non è soltanto criticare l’operato di questo o quel sindaco, ma anche raccontare le voci di un territorio che voce non ha. E’ anche passare il pomeriggio con una mamma che non sa come accompagnare il figlio disabile al centro di riabilitazione perché le istituzioni non hanno messo a disposizione il trasporto.Ecco noi siamo questo, non siamo una “casta”. Siamo gente tra la gente. Se ne faccia una ragione.
CRONACA, metropolis
28 ottobre 2018
Il diario dei cronisti di Metropolis: «In difesa di un territorio. Scriviamo per la gente»