Torre del Greco. Un verbale falsificato, un poliziotto indagato e una frase-shock: «Signora, se vi chiama un giudice, dite che stavo facendo un controllo con voi ieri sera?». Si arricchisce di un ulteriore e inquietante capitolo il giallo sulla morte di Ilario Aurilia, il tifoso della Turris finito con il suo scooter contro un palo della luce di via Purgatorio nella notte tra il 24 agosto e il 25 agosto del 2011. A sette anni e mezzo dalla tragedia, infatti, spunta un’indagine «parallela» all’inchiesta aperta dalla procura di Torre Annunziata per fare luce sull’incidente costato la vita al ventitreenne: un’indagine «parallela» destinata inevitabilmente a scatenare nuovi dubbi e polemiche. Perché sotto i riflettori del pubblico ministero Silvio Pavia è finito un agente di polizia, accusato di avere falsificato un verbale di sequestro elevato proprio la notte dello schianto fatale.
Il rischio archiviazione
Partiamo dalla fine. Il retroscena rimasto segreto per sette anni e mezzo è venuto alla luce dopo la richiesta di archiviazione del procedimento aperto a carico dell’agente di polizia indagato di falso. Una richiesta notificata dal pubblico ministero Silvio Pavia pure a Lucia Tagliamento, la madre di Ilario Aurilia individuata come persona offesa: un dettaglio non trascurabile, perché lo stesso titolare del fascicolo evidentemente collega la vicenda allo schianto fatale in via Purgatorio. Un collegamento alla base dell’opposizione presentata dall’avvocato Giancarlo Panariello, legale della famiglia del ventitreenne noto come ‘o polacco.
La ricostruzione dei fatti
Secondo gli atti finiti all’attenzione del titolare delle indagini, successivamente allo schianto mortale in via Purgatorio, il poliziotto si presentò a casa di una ragazza multata la notte della tragedia per chiedere il «piacere» di modificare l’orario in cui era stato elevato un verbale di contestazione per una violazione al codice della strada dall’una alle quattro. Ovvero, all’ora in cui si era verificato il sinistro costato la vita a Ilario Aurilia. Una circostanza confermata sia dalla destinataria della multa sia dalla madre, entrambe successivamente ascoltate a sommarie informazioni testimoniali: il poliziotto effettuò l’integrazione a penna, senza ulteriori aggiunte. Secondo le parole messe nero su bianco dalla donna, poi, il discorso si spostò sull’argomento del giorno – appunto, lo schianto fatale di cui parlava un’intera città – e l’agente di polizia avrebbe avanzato una anomala e insolita richiesta: «Signora, se vi chiama un giudice, dite che stavo facendo un controllo con voi ieri sera?». Insomma, un modo per provare a «puntualizzare» come la notte della tragedia fosse stato impegnato nel disbrigo degli atti relativi al controllo effettuato in strada sullo scooter guidato dalla figlia della donna. «In buona sostanza – la tesi sostenuta dalla difesa dei familiari di Ilario Aurilia – il comportamento del poliziotto sembra rappresentare incontestabilmente il tentativo di crearsi un “alibi” rispetto all’orario in cui trovò la morte Ilario Aurilia, in modo da contrastare l’ipotesi investigativa provocata dalle univoche e ricorrenti voci secondo cui il tragico schianto fosse riconducibile alle conseguenze di un tamponamento dello scooter su cui viaggiava la vittima a opera di un’auto della polizia di Stato». Voci, a oggi, mai messe definitivamente a tacere.
Lo scontro legale
Eppure, secondo il titolare delle indagini, il procedimento giudiziario a carico del poliziotto deve essere archiviato. Perché «non si può parlare di atto falso in quanto l’aggiunta effettuata sul verbale, seppure del tutto irrituale, è stata effettuata in presenza della proprietaria del veicolo e non rende l’atto falso né materialmente né ideologicamente». D’altronde, la richiesta del pubblico ministero Silvio Pavia ruota esclusivamente intorno all’ipotesi di falso senza valutare le «ricadute» della correzione sull’inchiesta principale. Una circostanza, al contrario, rimarcata dall’avvocato Giancarlo Panariello. Pronto a chiedere al gip del tribunale di Torre Annunziata chiamato a valutare il caso di respingere la richiesta di archiviazione e fissare l’udienza in camera di consiglio e poi ordinare al pubblico ministero la formulazione dell’imputazione a carico dell’indagato.