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Il Tar  respinge il ricorso di  Airbnb su cedolare secca e nomi host
CRONACA
18 febbraio 2019
Il Tar respinge il ricorso di Airbnb su cedolare secca e nomi host
Redazione

ROMA – Il Tar del Lazio “ha respinto le richieste di Airbnb, che si rifiutava di applicare la legge sugli affitti brevi”. A renderlo noto è Federalberghi, sottolineando che “non ci sono più alibi per chi, da quasi due anni, si prende gioco delle istituzioni: Airbnb deve riscuotere la cedolare secca sulle locazioni brevi e comunicare all’Agenzia delle Entrate i nomi dei locatari e i relativi redditi”.    Federalberghi stima anche che “nei primi diciotto mesi di (mancata) applicazione dell’imposta Airbnb abbia omesso il versamento di più di 250 milioni di euro”. “D’altro canto – sottolinea Federalberghi in una nota – non si vede quali motivi impediscano la riscossione, considerato che il portale già svolge, sia in Italia (per conto di alcuni comuni) sia all’estero, attività simili a quelle che vengono contestate, e che addirittura informa pubblicamente gli host italiani del fatto che potrebbe essere chiamata a riscuotere imposte e raccogliere dati”. “Secondo quanto dichiarato in giudizio dallo stesso Airbnb – segnala ancora Federalberghi – le somme da versare annualmente in Italia, rapportate ai ricavi del 2016, sarebbero state pari a circa 130 milioni di euro. Considerando che nel frattempo il numero di annunci pubblicato sul portale è cresciuto a dismisura (222.787 ad agosto 2016, 397.314 ad agosto 2018), si può stimare che nei primi diciotto mesi di (mancata) applicazione dell’imposta Airbnb abbia omesso il versamento di più di 250 milioni di euro. Il Tar, nel dichiarare infondate le doglianze di Airbnb, ha rammentato che gli intermediari sono ‘sanzionabili per le omesse o incomplete ritenute da effettuare a partire dal 12 settembre 2017 e da versare entro il 16 ottobre 2017′”.    “Ci auguriamo che la decisione del Tar – commenta Federalberghi – faccia riflettere le amministrazioni locali che troppo spesso si genuflettono dinanzi ad evasori conclamati e stringono con loro accordi privi di trasparenza, che consentono agli abusivi di continuare a prosperare sotto lo scudo dell’anonimato”. “L’opera di bonifica del mercato è appena agli inizi e confidiamo che il ministro del Turismo dia seguito in tempi brevi alle misure annunciate durante l’incontro con gli organi direttivi di Federalberghi, che prevedono l’istituzione di un registro nazionale degli alloggi turistici, assegnando ad ognuno di essi un codice identificativo – conclude l’organizzazione – e vietando ai portali di mettere in vendita le strutture che siano prive del codice”.

Airbnb, faremo ricorso al Consiglio di Stato

“Siamo delusi dal pronunciamento delTar del Lazio e intendiamo fare ricorso presso il Consiglio diStato, anche ai fini dell’eventuale interessamento della Cortedi Giustizia Europea”. Lo annuncia Airbnb in merito alla sentenza del tribunale amministrativo sulla cedolare secca. Per la piattaforma online, si tratta di una pronuncia che punisce “chi non usa il contante”. “In tema di imposte sul reddito -afferma Airbnb in una nota – abbiamo sempre offerto disponibilità in tutte le sedi istituzionali per risolvere l’impasse e consentire alla community il rispetto della legalità e il pagamento delle imposte sul reddito senza discriminazioni.Le collaborazioni con le autorità di Spagna, Danimarca edEstonia sono la dimostrazione di come ciò sia possibile”. “Il Tar – argomenta ancora la piattaforma online – ha invece inteso confermare nel merito l’orientamento già espresso in sede cautelare, non ravvisando differenze operative fra agenzie immobiliari con qualche decina di clienti e una piattaforma tecnologica con oltre 200 mila utenti, di cui solo una parte sarebbe assoggettabile alla normativa secondo criteri mai stabiliti dal legislatore. Secondo la corte invece chi affitta tramite Airbnb non sarebbe discriminato rispetto ad altri sistemi meno trasparenti perché sarebbe logico imporre l’obbligo di ritenuta all’unica piattaforma online che intermedia i pagamenti con un modello innovativo. Poco importa se, come stimato da Banca d’Italia, si tratti dell’unico barlume di trasparenza – conclude la nota – in un settore in cui 7pagamenti su 10 avvengono ancora in contanti”.

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