Una rivoluzione parte sempre da una scintilla. E una scintilla può accendersi ovunque, anche nella sala conferenze di un albergo di Vico Equense dove studenti, sindaci, docenti, e giornalisti si ritrovano a discutere di territorio. Semmai, la cosa più complicata è trasformare la scintilla in fuoco. Cioè riuscire a contagiare. Ed è questa la sfida più entusiasmante che ha l’ambizione di far decollare la felicità urbana, quell’affascinante concetto a metà strada tra filosofia e pragmatismo rilanciato dal professore Derrick de Kerckhove proprio attraverso le colonne di Metropolis. Una sfida culturale in questo paradiso abitato da diavoli. Un’accademia di democrazia, come l’ha definita Media2000, nella quale s’è parlato di innovazione tecnologica come volano di sviluppo, s’è riscoperta la bellezza dello stare insieme e la necessità di generare positività, s’è riproposta l’urgenza di un confronto reale e non virtuale dentro il quale la diversità di pensiero possa essere davvero ricchezza nell’interesse del bene comune. Cioè del nostro territorio. Felicità e democrazia, due concetti che noi più degli altri abbiamo il dovere di preservare. Noi, figli di Gaetano Filangieri, che li aveva intrecciati in maniera illuminante già alla fine del ‘700, seduto davanti al Golfo di Napoli, nella grande biblioteca del Castello Giusso, appena qualche centinaio di metri fuori dalla sala conferenze dove s’è accesa quella scintilla. Lì, Filangieri ebbe quella fitta corrispondenza con Benjamin Franklin, al quale era legato anche dal vincolo della fratellanza massonica, che generò l’impronta dell’illuminismo napoletano sulla dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti. «L’uomo ha diritto alla felicità», che oggi significa anche lavoro, uguaglianza, rispetto Rilanciare il confronto nell’interesse comune significa, come ha detto il professor Derrick de Kerckhove, «ritrovarsi nudi, senza schermi che ci dividono». L’uno davanti all’altro. Non è facile, ma ci si può riuscire. Con un pò di umiltà e con la disponibilità a fare autocritica. In quella sala conferenza ci abbiamo provato, ed è stato come tornare al 590 Avanti Cristo, quando nei villaggi si seminava il concetto del potere per il popolo, con gli uomini liberi protagonisti delle decisioni prese per la comunità. Ecco, Vico Equense è stato quel villaggio per due giorni, una realtà oltre i social, una comunità che ha dimostrato che è possibile tenere acceso un dibattito democratico nel rispetto della diversità. Un villaggio virtuoso nel quale s’è accesa una scintilla sulla quale, quasi per magia, hanno preso a soffiare soprattutto i giovani: sia quelli iscritti all’Accademia, sulla scorta delle borse di studio messe a disposizione dal Comune nell’ambito delle iniziative rivolte a sostenere la cittadinanza attiva e la cultura digitale; sia quelli che sul sentiero della felicità urbana si sono avvicinati con passione al giornalismo per raccontare il loro mondo sulle pagine del nostro Metropolis Young. Con loro, si sono confrontati sindaci, docenti universitari, cronisti. Tutti insieme. Perché «un futuro migliore è possibile». Perché la democrazia, come forma più nobile dello stare insieme, non si conserva per diritto, ma si consolida, si alimenta, si difende dalle insidie di una realtà socialcentrica che invece la mina con l’odio e il rancore, con le false verità e la propaganda. La democrazia è condivisione pacifica e rispettosa dei valori sanciti dalla costituzione, è tolleranza verso il prossimo, rispetto per la cultura degli altri. E’ appunto confronto nell’interesse del bene comune. Ed è quello che chiedono i ragazzi, zattere nel mare dei nostri fallimenti. Loro hanno chiesto di capire, di essere partecipi. Vogliono il dialogo. Una virtù mortificata a livello nazionale, dove è calpestata dall’arroganza e dall’illogica guerra di dogmi e presunzioni, e, forse ancora più drammaticamente, a livello locale, con responsabilità che ricadono su ognuno di noi. Istituzioni in genere. Politica. Scuola. Chiesa. Imprese. Professioni. E giornalismo, ovviamente. Abbiamo perso di vista il nostro ruolo. Ci stiamo piegando al populismo, stiamo smettendo di lottare, la stiamo dando vinta a chi è abile a creare nemici del popolo, caste e corporazioni da mandare sul patibolo. Invece si può reagire. Il villaggio di Vico ci ha detto che è tempo di tornare protagonisti per il bene comune e contro l’oscurantismo. E’ una battaglia di ideali da combattere insieme cancellando quella visione miope, provinciale e campanilistica che ci sta portando a un clamoroso fallimento collettivo. A Vico s’è accesa una scintilla. Brillava negli occhi dei ragazzi. Il nostro compito è farla diventare un fuoco.
Raffaele Schettino