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Torre Annunziata: gasolio di contrabbando. Il nuovo affare dei clan
CRONACA
4 marzo 2019
Torre Annunziata: gasolio di contrabbando. Il nuovo affare dei clan
Redazione

TORRE ANNUNZIATA – Un’imbarcazione di undici metri circa taglia le onde del mare di fronte all’isola di Capri. Il colore blu e bianco dipinti sul peschereccio luccicano grazie ai riflessi del sole. I grossi numeri incisi sulla prua dettano invece il numero identificativo del natante sul quale sventola il tricolore. Al contrario delle altre barche, attraccate al porto di Torre Annunziata, questa non ha pescatori a bordo e nemmeno montagne di reti. Ferma la sua rotta dopo aver navigato per ore prima di arrivare a destinazione. Ma non alla ricerca di pesce. Quando, infatti, arriva alla banchina, non scarica scorte di prodotti ittici ma una serpentina che spunta da una cisterna. Dentro ci sono litri di gasolio di contrabbando. Il nuovo business della criminalità organizzata a Fortapasc. Dal contrabbando di sigarette allo spaccio di droga, passando per il traffico di armi e bombe, per finire al trasporto e vendita di gasolio «pezzotto». L’evoluzione, o semplicemente, l’involuzione della criminalità organizzata, a Torre Annunziata, è tutta racchiusa in un numero di quattro cifre: 8700 litri di gasolio fuorilegge sequestrati in appena sessanta giorni dai finanzieri di Torre Annunziata. Un guiness dei primati per la città abituata ai maxi sequestri di cocaina e arsenali. Un ritrovamento che spunta fuori da una task force messa in campo dagli uomini delle fiamme gialle di Fortapasc – coordinati dal colonnello Agostino Tortora – e che fa emergere un’istantanea inquietante che punta i riflettori, in particolare, sul porto di Torre Annunziata dopo il sequestro di un peschereccio all’interno del quale, pescatori, avevano ricavato ed allestito, un deposito di carburante. Quanto basta per far scattare l’inchiesta. Litri e litri di carburante trasportati a bordo di imbarcazioni, travasati poi in autovetture munite di autocisterne ed infine trasferiti nei depositi dediti alla vendita o anche a clienti privati che lo acquistano. Impianti realizzati appositamente per il trasporto di carburante di contrabbando e destinati alla libera vendita, creando così un circolo vizioso di concorrenza sleale oltre che danni agli automobilisti e all’ambiente. Un business economico che frutta migliaia e migliaia di euro: basti pensare che la vendita del gasolio di contrabbando viene piazzata ad 1,20 euro al litro. Ben al di sotto della media dei prezzi erogati dai distributori stradali e autorizzati, ovvero di circa 1,60 euro al litro. Di conseguenza l’ammontare complessivo delle imposte evase (Iva dovuta ed accise sottratta) è di circa mille euro ogni mille litri di gasolio di contrabbando. Un affare che fa gola alla criminalità organizzata e non a caso, i sequestri di queste settimane, hanno accertato che chi trasportava carburante fuorilegge erano soggetti già noti alle forze dell’ordine: finiti nei guai in passato per spaccio di droga o detenzione di armi. Insomma, sempre affari illegali ma di gran lunga cambiati. Certo, finire in manette per il trasporto di carburante sarà sembrato meno grave che finire nei guai con l’accusa di detenzione di una pistola e perché trovati con ingenti quantitativi di droga, ma non è proprio così: il trasgressore viene infatti punito con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e con una multa dal doppio al decuplo dell’ imposta evasa, non inferiore in ogni caso a 7.746 €. Insomma, di certo, non una semplice punizione. C’è poi un altro aspetto che sta facendo allargare l’inchiesta: i finanzieri oltre alle verifiche sul porto e sui pescherecci stanno infatti effettuando decine di controlli anche sui distributori di carburante in città. Un’inchiesta che si allarga e che promette ottimi sviluppi ma che nel frattempo sottolinea come gli interessi della criminalità organizzata siano cambiati: una camorra sempre più povera e che dirotta i suoi affari e la possibilità di portare denaro alle casse delle famiglie criminali con nuove attività illecite. Ma non sarà più così semplice: ad attendere i pescherecci fuorilegge sulla banchina, ci sono i finanzieri.

Giovanna Salvati

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