In Italia ad oggi sono assistiti a domicilio solo 3 over-65 su 100 a fronte di 3 milioni di persone affette da multi-cronicità e disabilità gravi che necessitano di cure continuative, che dovrebbero essere seguiti a domicilio. Sono dati ricavati da due indagini sull’Assistenza domiciliare integrata (Adi), realizzate da ‘Italia longeva’, che hanno coinvolto 35 Asl di 18 Regioni, che offrono servizi a 22 milioni di persone, ossia a un terzo della popolazione italiana. Secondo i dati, presentati a Milano nell’incontro ‘La Babele dell’Assistenza Domiciliare in Italia’, gli anziani italiani curati attraverso l’Adi ricevono in media 20 ore di assistenza domiciliare l’anno, a fronte di Paesi europei che garantiscono le stesse ore in poco più di un mese. Inoltre si osserva una forte disomogeneità dell’offerta lungo lo Stivale, talvolta anche all’interno di una stessa regione. Prendendo in esame le sole Lombardia, Lazio, Toscana, Marche e Puglia si osserva, ad esempio, che due ATS lombarde (Brianza, Milano) e l’ASUR Marche riescono a garantire ai loro anziani oltre il 90% delle prestazioni a più alta valenza clinico-assistenziale previste nei Lea, a fronte di valori di altre ASL che superano di poco il 60%. Un’evidente disomogeneità riguarda il numero di accessi in un anno (si va da un minimo di 19 ad un massimo di 48 registrato nelle Marche) e le ore di assistenza per il singolo anziano, che oscillano da un minimo di 9 a un massimo di 75 nell’ASL Roma 4, quasi il quadruplo della media nazionale. Per quanto riguarda, infine, il costo pro capite dei servizi, prendendo ad esempio la regione Lombardia, si va dai 543 euro dell’ATS Montagna agli 891 euro dell’ATS Brianza: un divario significativo nell’ambito di una stessa regione, che non è sempre ascrivibile a inefficienze delle aziende sanitarie, ma spesso a modelli organizzativi eterogenei, a volte frutto dell’adattamento dei servizi alle esigenze dei singoli territori. “Questa fotografia – commenta Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva – conferma che continuiamo a curare i nostri vecchi nel posto sbagliato, perché ancora gestiamo la cronicità negli ospedali, con costi straordinariamente superiori rispetto alla gestione in Adi”. Per superare lo stallo, per Bernabei è necessario un fronte comune tra operatori pubblici e privati nell’Adi, innovazione tecnologica e potenziamento dell’utilizzo della tecnoassistenza che consentirebbe cure domiciliari anche nei territori geograficamente più difficili del Paese.
CRONACA
12 marzo 2019
Assistenza domiciliare, privilegio per 3 anziani su 100