Torre del Greco. «Dottore il voto di scambio è più semplice di quanto voi possiate pensare. Non eravamo noi a cercare gli elettori da corrompere con i venti euro. Erano quasi sempre loro a venire da noi. E quasi sempre erano dei ragazzi di nemmeno vent’anni». Giovanni Massella è il figlio di un boss ucciso nella guerra di camorra. E mentre parla ai pm di Torre Annunziata nemmeno si rende conto di quello che dice. In quel verbale non c’è solo la terribile storia di un «vile» «mercimonio» elettorale, come lo ha definito il gip Antonio Fiorentino. E si va persino oltre la «prostituzione» del voto, raccontata dall’inchiesta della procura. In quelle parole c’è il ritratto della profondissima crisi di credibilità della politica.
Una crisi che da Torre del Greco – il teatro dell’ultimo scandalo che nei giorni scorsi ha portato all’arresto di un consigliere comunale e di un ex assessore – estende le sue metastasi in ogni angolo del paese. Un paese dove i giovani hanno smesso da tempo di credere nella politica. Arrivando a svendersi per poche decine di euro. Partendo dai vicoli della miseria, lì dove i politici vengono visti dai ragazzi come gente in doppiopetto che semina spiccioli e promesse che non potranno mai essere mantenute.
Il quartier generale di quell’esercito di giovani senza sogni – alle ultime elezioni comunali – è stato il seggio di corso Garibaldi. A due passi dal porto di Torre del Greco, nel cuore del rione fortino della camorra. «In realtà a Torre del Greco è risaputo da anni che nei pressi della scuola nautica di corso Garibaldi sono attivi gruppi che nel giorno delle elezioni comprano i voti da chi ha intenzione di venderli», uno dei passaggi del racconto firmato da Massella, oggi in carcere ma comunque uno dei super testimoni che accusano i politici indagati in quest’inchiesta. «Debbo dire – prosegue il figlio del boss – che per quel che ho potuto appurare sono più che altro i giovani a decidere di vendere il proprio consenso».
E sono loro a fare il prezzo: «Si presentano in quella zona, offrono il loro voto dietro compenso. Qualcuno esige una somma specifica, come mi è capitato con persone che hanno preteso 30 euro, ma in generale si accontentano di somme minori. Nell’ordine dei 15, 20, 25 euro». E così basta fotografare la scheda nel seggio, portare la prova della propria “fedeltà” ai galoppini del politico compra-voti e il gioco è fatto. Una manciata di euro, quanto basta appena per una pizza e una birra. Quanto serve per vendere il proprio presente, il proprio futuro. Una realtà drammatica, inquietante. Un racconto che offre un’immagine sconvolgente di Torre del Greco. Una città dove una gran parte dei giovani, quelli che dovrebbero incarnare le speranze, hanno smesso di sognare. Hanno smesso di combattere. Hanno smesso di credere nel coraggio delle proprie idee. Svendendo la propria dignità in cambio di pochi spiccioli.
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