“Chiedo perdono anche se per quello che ho fatto non esiste perdono”. Ha di nuovo ammesso le sue responsabilità, ieri, nell’aula 117 della Corte di Assise di Napoli, Alfredo Galasso, 31 anni, reo confesso dell’omicidio di Lello Perinelli, il 21enne assassinato con una coltellata al petto, davanti a un circolo ricreativo di Miano, a Napoli, il 6 ottobre del 2018.
Galasso è accusato di omicidio volontario aggravato dai futili motivi: si costituì, quattro ore dopo l’uccisione di Lello (accompagnato dal suo avvocato Rocco Maria Spina, ndr), promessa del calcio e giocatore della Turris, che malgrado fosse figlio di un camorrista assassinato quando era piccolissimo, come ha nuovamente sottolineato la madre, Adelaide Porzio, “aveva imboccato una strada diversa da quella del padre, quella della legalità”. La madre di Lello e la sorella Francesca (difesi dall’avvocato Enrico Di Finizio), hanno sempre sostenuto che Alfredo Galasso (persona di loro conoscenza, ndr) avesse premeditato di uccidere il ragazzo, dopo una lite scoppiata la settimana prima di quel tragico 6 ottobre in una discoteca di Bagnoli.
Rispondendo al giudice, Alfredo Galasso, che diverse volte è scoppiato in lacrime, ha riferito di avere agito in quel modo, di essersi armato di coltello, quattro giorni prima di uccidere Perinelli, solo per il timore che il 21enne potesse vendicarsi. Una tesi che la famiglia respinge al mittente con decisione: per Adelaide e Francesca, molte circostanze fanno invece ritenere che Alfredo Galasso era determinato a vendicarsi, per lavare l’onta subita quella notte, quando venne anche ferito alla testa durante luna lite per futili motivi.
Le prossime udienze sono state fissate il 29 maggio, quando sarà la volta del pm con la requisitoria e quando concluderanno le parti civili. La sentenza del processo che si sta celebrando con il rito abbreviato, è invece attesa per il pomeriggio del 3 giugno.
Perinelli era il figlio di un camorrista, ucciso in un agguato nel giugno del 2003, ma non aveva seguito le orme paterne. Per sé sognava una vita normale, anzi un futuro da calciatore, ma un tragico destino lo ha fatto morire a 21 anni per una coltellata sferratagli durante una lite. Raffaele Perinelli, 21 anni, un bravo ragazzo senza nessun precedente penale, è morto così lo scorso ottobre nel pronto soccorso dell’ospedale Cardarelli di Napoli. Il suo assassino, un 31enne con il quale aveva avuto spesso diverbi per futili motivi, si costituì immediatamente. Aveva iniziato a giocare nelle giovanili del Sant’Agnello, due anni fa aveva militato nel Gragnano e poi nella Turris. Era considerato un buon terzino sinistro, e attualmente militava nella squadra del suo quartiere, la Asd Miano.
La sorella di Lello, Francesca, chiese pene severe per il killer. “Cari giudici, vorrei che queste parole arrivassero non alle vostre teste ma ai vostri cuori: Lello è stato ucciso e io e la mia famiglia siamo morti con lui. Vi chiediamo di essere severi con chi lo ha assassinato non per vendetta ma perché crediamo e vogliamo continuare a credere nella Giustizia”. “Vogliamo far emergere la volontà omicida di Galasso, – le parole dell’avvocato Di Finizio, – coltivata e manifestata diversi giorni prima dell’omicidio essendosi armato di un coltello”. Il 7 aprile nel campo Arci di Scampia una partita ha ricordato Lello che malgrado lavorasse si dedicava al calcio per emergere dalla periferia.