La guerra di camorra appare lontana, nel silenzio del cimitero di Ottaviano, ai piedi del Vesuvio, il regno del super boss da tanti anni in cattività: alle 6 di questa mattina è stato sepolto, prima che il camposanto aprisse al pubblico, Mario Fabbrocino, nome pesante nella nomenklatura dei clan storici, acerrimo rivale di Raffaele Cutolo, il fondatore della Nco e di cui fece uccidere il giovane figlio, Roberto, 28 anni, a Tradate, in Lombardia. Fabbrocino è morto nei giorni scorsi, ed è stato portato nello stesso cimitero dove riposa il figlio di Cutolo. Assieme, a pochi metri di distanza, sotto la stessa terra, carnefice e vittima. Sembra quasi allora una coincidenza che nello stesso giorno escano fuori verità non ancora note di Raffaele Cutolo. Datate 2016 ma inedite. Che riferiscono altri particolari di una vicenda già scandagliata abbastanza, quella della trattativa per la liberazione, con pagamento di 1 miliardo e 400 milioni di lire, dell’assessore regionale democristiano Ciro Cirillo, rapito dalla Brigate Rosse. Ma che riportano alla luce anche un presunto interessamento di Cutolo per salvare Aldo Moro, nelle mani delle stesse Br. Il boss, che sconta la condanna a quattro ergastoli, è stato sentito nell’ambito dell’indagine sul percorso criminale del suo luogotenente storico, Pasquale Scotti, arrestato dopo 30 anni di latitanza. Un interrogatorio il cui contenuto è venuto alla luce in seguito al procedimento amministrativo dinanzi al Tar scaturito dalla decisione dei pm di bocciare la collaborazione di Scotti. “Potevo salvare Moro, fui fermato. Aiutai – spiega Cutolo – l’assessore Cirillo ma, potevo fare lo stesso con lo statista. Ma i politici mi dissero di non intromettermi”. Nel ’78 Cutolo era latitante e si sarebbe fatto avanti per cercare, sostiene lui, di salvare Moro. “Per Ciro Cirillo si mossero tutti, per Aldo Moro nessuno, per lui i politici mi dissero di fermarmi, che a loro Moro non interessava”. Cutolo, nel riferire del suo mancato coinvolgimento nella possibile trattativa per Moro dice che il ministro dell’Interno dell’epoca, Francesco Cossiga, “si rifiutò di incontrarmi” essendo del resto Cutolo in quel momento un latitante. Due, comunque, sono le diverse versioni sui mediatori che sarebbero scesi in campo per chiedergli di salvare la vita ad Aldo Moro. Nell’interrogatorio ai pm napoletani riferisce che “Michelino Senese (camorrista che viveva a Roma, ndr) me lo propose quando ero latitante”. Ai pm romani che lo interrogano nello stesso periodo fa invece il nome di Nicolino Selis, esponente della banda della Magliana (circostanza della quale riferì il Corriere della Sera nel 2016). Il superboss sembra lanciare un messaggio ancora sulla vicenda Cirillo (“avevamo dei documenti da usare contro i politici per i fatti della trattativa: alcuni li aveva Enzo Casillo (uno degli uomini di punta della Nco, poi ammazzato nella guerra di camorra, ndr) altri documenti invece li ho io ma moriranno con me”. Mentre Immacolata Iacone, sua moglie da 36 anni, sostiene che l’uomo “è in delicate condizioni, è malato e merita rispetto”.
CRONACA, Vesuviani
28 aprile 2019
Cutolo, potevo salvare Aldo Moro. A Ottaviano sepolto boss rivale, fece uccidere il figlio del capo della Nco