Il sistema era ben collaudato, ognuno ricopriva un preciso ruolo, con tanto di linguaggio codificato tipico degli ambienti criminali: prima si procuravano le autovetture rubate con una facilità disarmante, poi acquistavano modelli incidentati corrispondenti a prezzi vantaggiosi. Alla fine eseguivano operazioni tecniche di ricondizionamento e alterazione dei segni distintivi così da rimetterle in vendita, online, a prezzo di usato. Una vera impresa dell’illegalità quella messa su da una banda di Castellammare di Stabia, del rione Capo Rivo, che agiva in un capannone della periferia di Pompei, dove quotidianamente smontavano e montavano autovetture rubate che fruttavano pure incassi da 31mila euro ciascuno.
Leggi l’articolo completo su Metropolis in edicola
o vai alla versione digitale http://metropolis.ita.newsmemory.com/