Il mondo fantastico, onirico, febbrilmente creativo di Joan Mirò arriva per la prima volta a Napoli, al Pan (Palazzo delle Arti di Napoli) per la grande mostra ‘Joan Mirò. Il linguaggio dei segni’ visibile dal 25 settembre fino al 23 febbraio 2020. Un’esposizione pensata e ideata appositamente per lo spazio espositivo partenopeo, organizzata dalla Fondazione Serralves di Porto con C.O.R. (Creare Organizzare Realizzare) di Alessandro Nicosia e promossa dall’assessorato alla Cultura del Comune di Napoli con il supporto del ministero della Cultura portoghese e il patrocinio dell’ambasciata del Portogallo in Italia. Il percorso espositivo, curato da Robert Lubar Messeri, professore di storia dell’arte all’Institute of Fine Arts della New York University, e da Francesca Villanti, direttore scientifico di COR, guida i visitatori alla scoperta di 80 opere tra quadri, disegni, sculture, collage e arazzi provenienti dalla straordinaria collezione di proprietà dello Stato portoghese.
Opere che coprono sei decenni di attività creativa di Mirò dal 1924 al 1981 durante i quali l’artista catalano sviluppa un linguaggio rivoluzionario che trasforma l’arte del XX secolo. “E’ una mostra di altissima qualità – ha detto Alessandro Nicosia, presidente di COR – e che si differenzia dalle altre perché non narra un periodo specifico dell’artista ma ci consente di leggere l’evoluzione artistica di Mirò. Siamo fieri di aver portato a Napoli una mostra che nell’autunno nazionale si pone tra le esposizioni più importanti”. Ad accogliere i visitatori è ‘Ballerina’ del 1924, anno in cui Mirò mette a punto una svolta radicale nella sua indagine sulla formazione dei segni iniziando a ridurre gli oggetti a semplici sagome e a elementi essenziali, cominciando a pensare alla superficie pittorica come a uno spazio destinato a segni e iscrizioni piuttosto che a finestre sul mondo.
Nove le sezioni della mostra che spiegano i punti nodali dell’artista: ‘Il linguaggio dei segni’, in cui Mirò sfrutta le molteplici funzioni della linea come contorno, scrittura e indicatore dello spazio; ‘La figura nella rappresentazione’ in cui attacca l’illusionismo occidentale; ‘La figura nello sfondo’ nelle cui opere corpi astrali, uccelli e creature fantastiche sembrano muoversi senza sforzo sulla superficie; ‘Collage e l’oggetto’; ‘I dipinti selvaggi’ che sono espressione di rabbia verso un mondo travolto dalla follia dell’odio che porterà alla guerra; ‘L’elasticità del segno’ in cui Mirò svuota i segni di riferimento spogliando il linguaggio fino ai suoi componenti primari; ‘Calligrafia e astrazione gestuale’ le cui opere risentono dell’influenza dalla calligrafia giapponese; ‘La materialità del segno’ che racchiude opere a metà strada tra pittura e scultura e infine ‘Le tele bruciate e la morte del segno’.