C’è un atleta perfetto che ha cancellato per sempre la maratona post moderna. Si chiama Eliud Kipchoge, keniota, campione olimpico e primatista mondiale. Ha appena abbattuto il muro delle due ore sulla corsa più lunga e spietata dell’atletica leggera fermando il cronometro a un’ora, 59 minuti e 40 secondi, 20 in meno della fatidica soglia umana finora conosciuta. Ma quei 20 battiti d’ala gli permetteranno di riscrivere la storia. Lieve come una piuma, elegante come un antilope, salta ebbro di gioia mentre stringe le mani a centinaia di tifosi assiepati sotto il traguardo.D’accordo, l’assistenza high-tech garantita a Kipchoge per entrare nella leggenda ha funzionato e l’idea di una gara scientificamente programmata nei minimi particolari fa storcere il naso. I bigliettoni profumati degli sponsor, un abbigliamento spaziale, le scarpette che sembrano fornite dal dio Mercurio in persona, le 36 lepri di altissimo livello mondiale che si alternano per tenere l’andatura costante, l’assenza di rivali, il circuito del Prater di Vienna particolarmente indicato, gli occhi lunghi delle società di ricerca che osservano interessati Kipchoge nel suo viaggio verso il futuro hanno conferito all’evento un’atmosfera quasi surreale, tant’è vero che il record non sarà omologato. Ma la grandezza dell’impresa rimane.
Il predestinato a raccogliere la sfida, significativamente chiamata Ineos 1:59 Challenge, in onore del colosso mondiale della chimica che ha sostenuto per buona parte i costi dell’evento, non poteva che essere lui, questo atleta 34enne di Kapsisiywa, orgoglio del popolo keniano.Infatti all’arrivo Eliud è fresco come una rosa e non sembra aver patito più del dovuto il ritmo di gara. Anzi, la sua azione è stata per tutto il tempo impressionante, persino agile in alcuni tratti. A un certo punto questa macchina perfetta dà l’impressione di farcela da solo e di poter fare a meno di lepri, medici e borracce volanti. E’ un fuoriclasse. Ha viaggiato a 21 chilometri all’ora levitando grazie a una falcata pressoché perfetta, da vero padrone della strada. Scienza e marketing, perplessità e dubbi a parte, il gesto atletico di Kipchoge è di enorme portata, perché i talenti non si creano limiti, si propongono di valicarli. Lui lo ha fatto con naturalezza dimostrando quanto siano artificiosi i muri e le frontiere creati dalle convenzioni umane.«Oggi siamo andati sulla luna – dice abbracciando la moglie e i figli – Kipchoge – non ho parole per descrivere il supporto che ho ricevuto dal mondo intero». In effetti verrebbe la tentazione di parafrasare Neil Armstrong il quale appena mise piede sulla luna parlò di un piccolo passo dell’uomo equivalente a un grande passo per l’umanità. Per Eliud, 20 insignificanti secondi in meno rappresenteranno la nuova frontiera della maratona.Nel paradiso dei maratoneti c’è qualcuno che sicuramente guarda compiaciuto all’impresa di Eliud. E’ Spyridon Louis il corridore greco che ripercorrendo le orme degli avi vinse le prime Olimpiadi moderne di Atene nel 1896, entrando nel mitico Panathinaiko gremito di folla adorante. Coprì la distanza di 42 chilometri e 195 metri in due ore e mezza, sessanta minuti in più del marziano Kipchoge. Ma tra lui, simbolo del passato remoto ed Eliud, emblema del futuro prossimo, c’è stato un ideale, poetico, magnifico, scambio di consegne.