NAPOLI – Era il boss Pasquale Sibillo a dare gli ordini dal carcere ai suoi sodali per mettere in atto il giro di estorsioni a pizzerie e negozi di alimentari di Napoli. Direttive che impartiva con messaggi scritti tramite i parenti che si recavano ai colloqui in carcere. I 22 indagati, per i quali oggi sono scattate le ordinanze, sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di essere partecipi del clan Sibillo, di aver più volte estorto denaro ai titolari di pizzerie e negozi di generi alimentari delle zone di San Gaetano e dei Decumani, di partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti in quelle zone infine di detenzione e porto abusivo di armi da sparo.
I reati, secondo le indagini, sono stati commessi per agevolare le attività del clan Sibillo, articolazione satellite del sodalizio camorristico facente capo ad Edoardo Contini ed agli altri gruppi federati nella “Alleanza di Secondigliano”, particolarmente attivo nelle zone dei Decumani e dei Tribunali, nonostante gli arresti nel tempo dei suoi capi storici. La stessa organizzazione dedita al traffico di droga che ha operato giornalmente per buona parte del primo semestre del 2017, riconducibile ai membri della famiglia di Napolitano Giuseppe ed ad alcuni fornitori abituali esterni all’ambito familiare, ha operato per agevolare le attività del clan Sibillo, i cui membri in libertà, più volte, hanno tenuto i loro summit camorristici proprio presso l’abitazione dei Napolitano, sede della piazza di spaccio. L’attività d’indagine si è avvalsa di sofisticati strumenti di captazione ambientale e telefonica nonché della collaborazione delle vittime di numerosi episodi estorsivi commessi ai loro danni dagli uomini del clan Sibillo.