Giuseppe Conte dopo la verifica fa programmi a breve e medio termine per le riforme, a partire da quella fiscale, ma il suo governo e la maggioranza devono fare i conti con nuove grane nel M5S e con Italia Viva. “Ho detto che non possiamo differire il raggio temporale del nostro intervento – afferma il premier -. Dobbiamo partire subito, dosando misure di immediato impatto e altre che si dipaneranno nell’arco pluriennale”. Matteo Renzi afferma che “il governo si sta comportando bene” e che “in fasi come queste occorre mettere da parte le polemiche”. Rinnovando però l’invito al “cambio di passo” quasi a non voler registrare gli effetti del vertice di ieri. E valutando gravemente la battuta d’arresto del Pil (“numeri devastanti: è come una sconfitta 3 a 0 in casa”). Le tensioni, dunque, restano e intanto i 5S cacciano altri 6 parlamentari (ma 4 avevano già detto addio) per le mancate restituzioni. L’esempio delle tante mine sul percorso dell’esecutivo nella cosiddetta fase due è il decreto milleproroghe, che contiene tra l’altro la norma sulla revoca delle concessioni ad Autostrade, tema divisivo come pochi. Il partito di Renzi, contrario a punire i Benetton con “norme azzeccagarbugli”, si tiene “mani libere” dopo un incidente denunciato stamani al vertice di maggioranza. Marco Di Maio avrebbe chiesto a Laura Castelli (M5S) e Simona Malpezzi (Pd) quando sarebbero arrivati gli emendamenti del governo e gli è stato risposto che si stavano definendo. Ma il deputato Iv si sarebbe accorto che i colleghi li avevano già. Risultato, Di Maio se n’è andato e la riunione è stata sospesa. “Nessun testo degli emendamenti è stato distribuito altrimenti lo avrebbe avuto anche Italia Viva, come abbiamo fatto sempre – risponde Malpezzi -. Non vorrei che questo caso creato ad arte fosse un pretesto”. “Nessuna tensione e nessuno scontro nella maggioranza”, rassicura Castelli. Altra possibile grana la mano dura del M5S contro i parlamentari in difetto con le rendicontazioni della parte di stipendio da versare al MoVimento. In seguito all’istruttoria i probiviri cinquestelle hanno espulso i deputati Nadia Aprile, Michele Nitti, Massimiliano De Toma, Santi Cappellani e Flora Frate e il senatore Alfonso Ciampolillo. In realtà i primi 4 già avevano lasciato il Movimento. Al Senato, dove i numeri della maggioranza sono molto più stretti, l’espulsione di Ciampolillo era nell’aria e, nei giorni scorsi, aveva attaccato il programma di governo sulla Puglia (la sua Regione), motivando così le mancate restituzioni. Dato il clima in maggioranza e i continui rinvii sulle questioni calde – la prescrizione (Renzi conferma che Iv voterà il suo testo), ma anche i decreti sicurezza -, non stupisce che la partita per le elezioni regionali sia nel caos. In Campania ad esempio Pd e M5S si studiano per valutare una difficile alleanza di primavera. Favorevole il ministro cinquestelle dell’Ambiente Sergio Costa, tra i possibili candidati a governatore, “purché sia sui valori”, sottolinea, “no a scelte elettoralistiche”. Per il presidente uscente Vincenzo De Luca i 5S “sono di fronte a una scelta strategica, devono decidere: fanno alleanze o solo testimonianza? Spero che ragionino in maniera laica su una collaborazione”.
politica
31 gennaio 2020
Dopo la verifica Conte spinge sulle riforme. Ma nuove grane in maggioranza