Prigioniere di un sogno. Recluse in casa in un paese straniero. Ostaggio del virus e vittime del silenzio di un Governo che le ha dimenticate a mille chilometri da casa. Arianna e Federica sono due ragazze di Ercolano. Hanno vent’anni appena e si trovano a Huelva, una meravigliosa città dell’Andalusia al confine tra Spagna e Portogallo. Sono lì perché hanno aderito al progetto Erasmus, il programma europeo di mobilità studentesca che consente ai giovani di immergersi in nuove culture per tornare più forti, più ricchi. Un paradiso divenuto inferno lunedì, quando il primo ministro iberico Pedro Sanchez ha deciso di chiudere tutto.
Bar, scuole, pub, uffici. Anche lì si sono accorti del Covid-19. Nel giro di pochi giorni sono stati contati 20.000 contagi e più di 1.000 morti. Un bollettino di guerra secondo solo a Cina e Italia. E così quella città che tutti chiamano la porta dell’Atlantico, il confine immaginario tra Europa e America, si è chiusa. Dietro lo spioncino, con la voce impaurita e la voglia di tornare a casa, ci sono Arianna e Federica. «Ci mancano tanto i nostri genitori», ripetono in coro in un messaggio inviato su Whats App. «Non possiamo nemmeno fare le chiamate su Skype dal cellulare perché abbiamo pochi Giga a disposizione e li usiamo per parlare con i nostri parenti».
Il Governo avrebbe anche messo a disposizione degli studenti una nave per tornare a casa. Ma è attraccata a Barcellona che da Huelva dista quasi mille chilometri. E così quelle due giovani studentesse, per tornare a casa, dovrebbero affrontare un viaggio infinito e denso di ostacoli. Con il rischio concreto – visti i numeri in Spagna – di incontrare, sul loro cammino, il Coronavirus. E magari anche di contagiare i propri familiari una volta rientrate a casa. Lucia Cordua è la mamma di Federica. E’ a casa, a Ercolano. Ma se potesse correrebbe subito in Spagna per riportare a casa la sua bambina. Ha scritto anche la ministro degli Esteri, Luigi Di Maio per chiedere aiuto. Ma nessuno le ha risposto. E oggi convive con l’angoscia e la paura.
«Quando da noi la situazione era già grave in Spagna sembrava tutto più tranquillo – racconta la madre di Federica – Poi la situazione è precipitata anche lì nel giro di pochissimi giorni. Ho tanta paura. Ho anche scritto una lettera al ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ma il mio appello non ha sortito nessun effetto per ora. L’unica soluzione che ci è stata prospettata è di un lungo viaggio di mille chilometri fino a Barcellona con il rischio che le ragazze possano contrarre il virus durante il tragitto». Al danno, poi, si aggiunge anche la beffa. «Il sussidio Erasmus destinato alle famiglie – racconta Lucia Cordua – non è arrivato. Ad oggi tutte le spese sono diventate a carico nostro.
Ma non mi importa nulla di questo. Vogliamo solo che venga individuata una soluzione e che le ragazze possano tornare a casa senza correre rischi inutili». Nella loro stanza, in una casa che condividono con altre studentesse italiane, Federica e Arianna sono prigioniere. «Qui è cominciato tutto in ritardo. Lunedì è stato chiuso tutto. Si può scendere solo per fare la spesa con mascherine e guanti – raccontano affidando le loro parole a messaggi vocali su Wapp – E’ la prima volta che siamo lontane da casa. Siamo preoccupate, ci mancano i nostri genitori. Vogliamo chiedere un aiuto al Governo, alle istituzioni». Un appello che Aniello Iacomino, rappresentante a Ercolano del movimento “Popolo per la Famiglia”, invia al sindaco, Ciro Buonajuto. «Chiedo al sindaco di intervenire per portare la vicenda di queste ragazze all’attenzione del ministro Di Maio e del Governatore Vincenzo De Luca – afferma Iacomino – Aiutiamole a tornare a casa. Non abbandoniamole».