Giuseppe De Feo è un italiano che insegna a Leicester, la città inglese famosa soprattutto per aver vinto, con la sua squadra di calcio, il campionato da cenerentola del pallone. De Feo, originario di Vico Equense, vive con la famiglia da anni in Gran Bretagna dove è professore associato di economia all’Università di Leicester da tre anni. Prima, però, ha insegnato a Glasgow per tredici anni. Una chiacchierata quella col docente universitario che avviene proprio nei minuti in cui il premier britannico Boris Johnson annuncia di essere positivo al Covid-19 e di accusare alcuni sintomi, anche se lievi, del coronavirus. Anche oltremanica, dunque, la situazione sta diventando giorno per giorno più rischiosa e pericolosa. Anche se, in questo momento, è l’uscita economica dalla crisi che preoccupa allo stesso modo di quella sanitaria.
Professore De Feo l’emergenza sanitaria da coronavirus ha paralizzato l’economia mondiale. C’è chi dice che l’unica strada da seguire sia quella indicata da Mario Draghi.
«Certo, condivido ciò che dice Draghi. C’è bisogno di uno schock all’economia. Purtroppo c’è tutto fermo, l’economia reale paralizzata. Ora si devono rimettere in moto le attività economiche e alimentare le capacità delle famiglie di comprare le cose necessarie fino a quando non si uscirà dalla crisi. Esiste un problema reale nel sostenere e dare dignità con misure ponte per superare questa drammatica fase».
Crede che vi siano settori territoriali particolari per i quali si deve intervenire?
«Esiste un problema reale: quello dell’economia meridionale. Le misure studiate dal governo fino ad ora sono fatte a sostegno di chi ha un lavoro dipendente o ha aperto una partita iva. Misure che, a dire il vero, hanno avuto un grande seguito anche qui in Gran Bretagna. Il vero nodo al Sud è che ci sono persone che non rientrano in queste categorie. Occupazioni occasionali, stagionali: c’è un’economia fragile che rischia di esplodere con conseguenze devastanti».
Le misure dei governi europei vanno però in un’altra direzione.
«In europa hano scelto il modello alternativo di sostenere il lavoro e mantenere alti i livelli di occupazione. Viene utilizzata la cassa integrazione, che insieme al divieto di licenziamento, la stessa cosa adottata anche in Gran Bretagna, dà alle aziende che si fermano e non licenziano i lavoratori, danno contributo dell’80% dello stipendio. In Europa si è scelto di mantenere gente al lavoro. Così si potrà ripartire, anche se non in tempi rapidi, quando finisce la pandemia».
Negli Stati Uniti d’America però Trump ha dato quasi 1500 dollari a famiglia.
«Quella è una misura straordinaria che però, come dimostrano i dati americani, può avere anche una controindicazione. E’ notizia di ieri che proprio negli Usa vi sia stato un incremento clamoroso della disoccupazione. In una settimana 3 milioni di persone sono rimaste senza lavoro».
Lei dice che dare così soldi sui conti correnti può avere anche controindicazioni?
«Vi sono aspetti aspetti positivi e negativi. In Europa proteggiamo il lavoro, considerando che nella congiuntura attuale non c’è ancora uno shock all’economia. Con la cassa integrazione si proverà a dare un beneficio per periodi transitori, finalizzati ad una ristrutturazione del sistema economico. E’ chiaro poi che questi provvedimenti di Trump, è giusto dirlo, sono fatti anche con un occhio alle elezioni di novembre».
Intanto mentre parliamo il premier britannico è positivo. Ma come valuta la Gran Bretagna l’azione dell’Italia?
«C’è grande ammirazione per quello che state facendo in Italia. All’inizio tutto è stato vissuto con un pò di sconcerto perche si voleva capire come mai morissero in tanti. Poi sono arrivate le chiusure e le serrate anche da noi, i contagi, i morti. Ed ora, sul modello italiano, arrivano flash mob sui balconi per cantare e vivere insieme. Anche se, è doveroso dirlo, nei primi giorni ci sono state anche risse e scontri ai supermercati per chi voleva fare la spesa».